Il mare all’orizzonte, verso il Golfo di Manfredonia: rocce calcaree si affacciano sulle limpide acque dell’Adriatico.
Le campagne del Tavoliere pugliese strette tra la coda d’Appennino e il promontorio del Gargano fanno corona a capolavori medievali e barocchi con influenze greche e saracene che raccontano la storia, le tradizioni e le contraddizioni di questa terra dove il tempo sembra essersi fermato. Tanto cara a Federico II – motivo per cui si è soliti indicare questa parte d’Italia come la “Puglia Imperiale” – questa è la Daunia, in piena Capitanata, il regno dell’uva di Troia.
Diverse sono le ipotesi e le leggende sulla sua origine, ma quella più plausibile la vorrebbe figlia del mitico eroe greco della guerra di Troia, Diomede che, conclusa la guerra, navigò per il mare Adriatico fino a risalire il fiume Ofanto; trovato il luogo ideale, piantò quei tralci di vite che aveva portato con sé, che diedero origine all’Uva di Troia.
Altre ipotesi, riferite a tempi più recenti, fanno derivare il nome dell’Uva di Troia dalla cittadina pugliese di Troia in provincia di Foggia o, ancora, dalla città albanese di Kruja o Cruja (il cui nome sarebbe poi stato vernacolizzato in Troia) o, infine, dalla regione galizio-catalana della Rioja.
Dopo le distruzioni provocate nell’Ottocento dalla fillossera, la ricostruzione del “vigneto Puglia” fu essenzialmente monovarietale e basata, a seconda delle zone, sui vitigni Negroamaro, Primitivo e Nero di Troia, con l’obiettivo di ottenere vini robusti e alcolici, ottimali per rinvigorire e rafforzare con corpo e colore, esili vitigni del nord.
Il Nero di Troia, vitigno aristocratico e ricco di storia, costituisce la terza varietà autoctona regionale, con 2.500 ettari vitati in un territorio d’elezione compreso tra la provincia di Foggia e il nord della provincia di Bari. A seconda degli areali di coltivazione, regala caratteristiche diverse, ma è indiscutibile che, nella Daunia, il vitigno acquisisca particolari elementi distintivi. Ci troviamo infatti in un’area che è delimitata ad est dal promontorio del Gargano che fa da barriera ai venti che soffiano dai Balcani. Qui il clima è continentale, caratterizzato da inverni freddi ed estati torride. E qui, dunque, il vitigno dona un vino con un’altra identità; perde in potenza e acquisisce eleganza (ciò è dovuto ai suoli profondi, con una buona capacità drenante e bassa dispersione di acqua). Sebbene oggi esistano diversi cloni disponibili di Uva di Troia, si è soliti distinguere due biotipi, molto diversi tra loro: la varietà di Barletta o di Ruvo e la varietà di Canosa. La prima presenta grappoli e acini di grandi dimensioni, leggermente spargoli, la seconda manifesta acini e grappoli più piccoli e di forma cilindrica. Il biotipo Canosa è molto difficile da trovare, sebbene siano in corso nuove sperimentazioni in quanto si ritiene possa dare ottimi risultati. Dal punto di vista della viticoltura, non è di certo una cultivar facile in quanto è una delle ultime a raggiungere la maturazione ottimale (fine ottobre, mediamente) con tutto ciò che ne consegue dal punto di vista dell’esposizione a rischi climatici.
Il Nero di Troia si caratterizza per l’elevata tannicità: rispetto ai cugini Primitivo e Negroamaro, riesce a donare vini con propensione all’invecchiamento, data la naturale cospicua dotazione di polifenoli. In purezza, il Nero di Troia potrebbe risultare un vino forte, imponente, poco raffinato, in realtà i Nero di Troia nelle loro variabili di qualità ed affinamento raggiungono la delicatezza e la grazia di alcuni “blasonati vini settentrionali”.
La denominazione di riferimento per il Nero di Troia nelle sue massime espressioni è sicuramente la Castel del Monte Nero di Troia Riserva DOCG, ma anche le DOC Barletta, San Severo e Castel del Monte.
La denominazione Castel del Monte Nero di Troia DOCG è riservata ai vini ottenuti da uve del vitigno Uva di Troia (min.90%). L’area della denominazione di origine Castel del Monte Nero di Troia Riserva DOCG trae l’appellativo dal famoso castello federiciano oggi patrimonio dell’UNESCO ed è parzialmente inclusa nel Parco Naturale dell’Alta Murgia. La zona di produzione si trova a cavallo tra la provincia di Bari e quella di Barletta-Andria-Trani e comprende il territorio comunale di Minervino Murge e in parte le aree comunali di Andria, Corato, Trani, Ruvo, Terlizzi, Bitonto, Palo del Colle e Toritto e completamente l’isola amministrativa D’Ameli del comune di Binetto.
LA SCHEDA DEL NERO
“ … colore rosso rubino intenso e profondo con riflessi violacei che tendono a scomparire con l’affinamento.
Al naso esprime profumi decisamente intensi e fruttati, tra cui domina la prugna matura, more, piccoli frutti rossi note balsamiche, speziate e di liquirizia. Corposo al palato e con una trama tannica importante accompagnata da leggere note amarognole.
Buona freschezza e un finale è lungo e persistente. La presenza di tannini e acidità predispone il vino a lunghi invecchiamenti, che mettono in luce belle note d’evoluzione verso complessi aromi terziari. Si abbina bene con molti piatti a base di carne, preparazioni saporite o speziate e di selvaggina. Ottimo con le pietanze tipiche del territorio di provenienza…
(Antonietta Mazzeo)
CHI FA “NERO
“Tra i grandi interpreti di questo splendido vitigno, attraverso la sua filosofia di produzione, espressione del territorio e tecnica: Ognissole, Azienda Vinicola Rivera, Torrevento, Conte Spagnoletti Zeuli, Mirvita Opificium ArteVino Tor de’ Falchi, Grifo La Cantina di Ruvo di Puglia, Vignuolo La Cantina di Andria, Azienda Agricola Mazzone, Masseria Faraona, Azienda Agricola Santa Lucia, Le Grotte, D’Alfonoso del Sordo, Botromagno, Giancarlo Ceci, Cantina Sociale di Barletta, Antica Enotria e la Marchesa.
Gli aspetti più significativi della produzione da cui nasce il Nero di Troia sono il tema principale del “Puglia Press Tour® Nero di Troia”. Organizzato in occasione di “Cantine Aperte in Vendemmia” – che da 20 anni si tiene in tutta Italia esclusivamente nelle cantine socie del Movimento Turismo del Vino – l’evento ospite dell’Assessorato all’Industria Turistica e Culturale della Regione Puglia, valorizza i molteplici aspetti legati non solo all’evoluzione enologica ma anche gastronomica, culturale e paesaggistica del territorio dell’Alta Murgia.
DOVE SI FA IL NERO
Meta privilegiata per gli appassionati di turismo enogastronomico, presenta un paesaggio selvaggio, particolarmente aspro e solitario, tipicamente carsico, in cui formazioni rocciose erose si alternano a lande desolate, doline e conche: le caratteristiche lame. Il suolo carsico lascia spazio a quello di natura tufacea nella pre-Murgia, corrispondente al territorio di Castel del Monte, caratterizzata da leggeri declivi che digradano fino a lambire il mare, nella fascia costiera delle città di Barletta e Trani. La pietra qui si è sempre fatta casa e chiesa: la bonifica dei campi dal “mare di pietra”, il mantello di calcarenite che protegge da sempre gli olivi hanno delineato la struttura di uno dei luoghi più singolari dell’area mediterranea. Muretti a secco per i confini, “casedde” e “trulli” per ripararsi dalle intemperie, ‘jazzi” per il ricovero degli ovini lungo gli antichi tratturi della transumanza e le “masserie” – costruzioni rurali per l’alloggio dei contadini e la lavorazione e conservazione dei raccolti ne caratterizzano l’identità. Straordinario habitat naturalistico, è uno dei luoghi in Italia meno antropizzato, anche dal punto di vista delle colture, e con la maggiore estensione di vegetazione spontanea: arbusti da bacca, cardi, asfodeli, muschi, licheni, piante aromatiche, orchidee selvatiche. Il paesaggio è caratterizzato ancora dalle colture legnose dell’olivo, del mandorlo e della vite, mentre i seminativi occupano solo gli spazi più marginali. A proteggere l’unicità di questo territorio, il Parco Nazionale dell’Alta Murgia, che rappresenta oggi il più esteso Parco Rurale d’Italia, uno dei più grandi del continente europeo ed il primo in chiave rurale, con un ente che ne tutela costumi e tradizioni. Di rilievo le testimonianze storico-architettoniche della dominazione normanno-sveva, le cui tracce trovano il loro apice nell’imponente e solitario Castel del Monte, fatto costruire proprio nel cuore dell’Alta Murgia da Federico II di Svevia. Universalmente noto per la sua inconfondibile pianta ottagonale, perfetta e al tempo stesso misteriosa, affascina per i riferimenti simbolici ed esoterici.
POVERI MA BELLI
Protagonisti della gastronomia locale, numerosi prodotti agricoli.
Le olive non vengono impiegate solo alla produzione dell’olio extravergine di oliva, ma numerose sono le varietà da mensa curate in salamoia, con la cenere o al sale, oltre alle deliziose olive dolci da cuocere in padella o al forno. Alle molteplici varietà di ortaggi coltivate, si aggiungono verdure spontanee, legumi, cereali, cardi, cime di rapa, funghi cardoncelli e il lampascione, che danno vita ai “classici” della cucina pugliese. Una cucina povera ma senza dubbio ricca di gusto. Elemento fondante e costante, la pasta fresca: orecchìette e cavatelii, in abbinamento a verdure o ragù di carne, spesso equina. Dal “patrimonio” della transumanza la cucina murgiana eredita principalmente l’utilizzo della carne ovina (agnello e pecora), mentre è in fase di recupero l’allevamento dell’antica razza bovina podolica.
PANE, AMORE E…
Dalla grande tradizione cerealicola nasce la solida arte della panificazione, elemento base del regime alimentare delle popolazioni dell’Alta Murgia, prodotto tradizionalmente in grandi pezzature, nella sua forma caratteristica, denominata “u sckuanète”: il Pane di Altamura DOP è l’alimento simbolo della cultura agropastorale dell’Alta Murgia. Le sue origini, infatti, sono strettamente legate alle tradizioni contadini dell’area di produzione: era impastato prevalentemente dalle donne tra le mura domestiche e portato a cuocere in forni pubblici. La produzione del pane era dunque un atto corale, sul piano sociale e culturale, nel quale la sfera familiare e privata si incrociava con quella pubblica.
Dolci o salati, fragranti e ricchi di gusto, i taralli pugliesi (uno dei principali prodotti da forno regionali) sono figli di un’arte raffinata custodita da generazioni. I segreti dei loro impasti un tempo si svelavano attorno ai bracieri, dove la famiglia si riuniva per raccontare storie e tramandare tradizioni. I dolci sono un’esplosione di golosità in cui primeggia la pasta di mandorla. Rinomata anche la produzione di formaggi e latticini: Il caciocavallo, il pregiato Canestrato Dop di Corato, le mozzarelle e la spettacolare burrata di Andria, di cui Michele e la moglie Carmela, del Caseificio Olanda sono dal 1988 magnifici rappresentanti.
L’OSPITALITÀ
La “Puglia Imperiale” è molto di più della sua descrizione geografica: il valore artistico, la memoria storica, la qualità del prodotto, esaltano il contesto ambientale. Eppure la percezione della bellezza diffusa varia a seconda delle emozioni che le varie forme di ospitalità sono in grado di suscitare nel viaggiatore.
Adagiato in una delle zone più eleganti del lungomare di Bari, unico hotel a 5 stelle della capitale pugliese, è il Grande Albergo Delle Nazioni. Ispirata al futurismo di Marinetti, questa struttura di notevole pregio architettonico fonde tradizione e modernità, imponendosi come eccellenza ricettiva della città levantina. Nel centro di Bari, “all’ombra” del Petruzzelli, il Ristorante Perbacco Bari – deliziosa osteria moderna nel pensiero, ma tradizionale negli ambienti e nei piatti – propone una cucina con una solida base territoriale, reinterpretata ma non stereotipata.
L’itinerario “Bari Sotterranea – Un viaggio nella città sotto la città” attraverso le complesse stratificazioni nascoste nel sottosuolo della città consente ai visitatori di andare indietro sino all’età romana, per poi rivelare la Bari bizantina in cui rivive la brulicante cittadina di mille anni fa. I percorsi prendono avvio dal Castello Normanno Svevo per proseguire nella Cattedrale romanica e si concludono nell’area archeologica di Palazzo Simi, Centro Operativo per l’Archeologia di Bari.
Campi ondulati che si alternano ai muretti a secco nel cuore del Parco Nazionale dell’Alta Murgia, a San Magno, alla Masseria Cimadomo (antica dimora agricola del 1792), dispensano prodotti che appartengono alla storia, alla tradizione e alla cultura, partendo dalla materia prima sino alla realizzazione del prodotto finito, passando attraverso i sensi, l’arte e la natura.
TRANI, MERAVIGLIA ITALIANA
Inserita nella lista delle “meraviglie italiane”, Trani (foto in alto), conosciuta anche come “la Perla dell’Adriatico”, è ricca di bellezze artistiche e architettoniche, chiese di ogni epoca e palazzi signorili. Famosa la cattedrale romanica che si affaccia direttamente sul mare, intitolata a San Nicola Pellegrino, dal ricco interno decorato, con le due cripte di San Nicola e di Santa Maria e l’ipogeo di San Leucio.
Presso la Cattedrale spicca il Castello Svevo, imponente fortino voluto da Federico II, mentre alle spalle del porto si snodano i vicoletti del quartiere ebraico della Giudecca, tra antiche sinagoghe e botteghe artigianali.
A pochi passi dal Porto Turistico di Trani, il cinquecentesco Palazzo Laghezza – edificio del XIV di rilevante importanza storica costruito sulle antiche mura della città – ospita la residenza di charme le Stanze di Corteinfiore, che accoglie gli ospiti in piccole “luxury suite”, con arredi a tema floreale di grande fascino.
L’affascinante cornice del Porto di Trani fa da sfondo al Ristorante La Banchina: la magnifica veranda che guarda direttamente lo specchio d’acqua del porto, regala una vista suggestiva. La cucina di ispirazione mediterranea offre un menu marinaro, che si adatta al pescato del giorno e alla stagionalità degli ingredienti.
Una enoteca ben fornita con degustazioni è diventata ormai ristorante tipico: nel centro storico di Corato, La Bottega dell’Allegria, senza nascondere il suo passato da enoteca testimoniato dalla proposta di numerose etichette di provenienza regionale e nazionale, propone piatti della buona cucina murgiana con sapori autentici, derivati da prodotti d’eccellenza del territorio.
IL MUSEO D’ANDRIA
La “città Vecchia” di Andria è un grazioso dedalo di vicoletti e piazze ariose dove, tra edicole votive, stemmi gentilizi, mascheroni, si trova la strada più stretta d’Europa. Tra i luoghi di culto più antichi, c’è la Chiesa di Sant’Agostino, culla dei Templari, e la Cattedrale di Santa Maria Assunta, di epoca normanna. Situato nel centro di Andria, il Museo del Confetto annesso alla sede storica e punto vendita dal 1894 della premiata fabbrica di confetti e dragées Mucci Giovanni testimonia tutta la passione, l’attenzione, la cura, la competenza, l’amore per il proprio lavoro e per le proprie origini dei maestri dolciari di casa Mucci Giovanni. Negli ambienti del Museo, unico nel meridione d’Italia, sono descritte le produzioni del confetto, del cioccolato e della caramella, attraverso utensili e stampi di ogni tipo, preziosi documenti e, soprattutto, antichi macchinari di un’ archeologia industriale praticamente scomparsa.
Il Nero di Troia della “Puglia Imperiale” diventa dunque lo specchio fedele di un territorio straordinario, illustre esempio di un cammino sempre più volto alla scoperta delle proprie potenzialità. Profumi, suoni, natura e bellezza diffusa raccontano una storia fatta di passione per la terra. Ad ogni assaggio si condivide qualcosa che in Puglia non manca mai: il calore tipico della sua gente e il sapore di antiche tradizioni.