Molte delle realtà intervistate hanno effettivamente riscontrato una diminuzione delle vendite, promuovendo diverse iniziative per agevolare il consumatore, come le navette, un controllo alcolemico nel locale, la wine bag. Molti sono contrari però ai vini dealcolati.
Ma c’è anche un certo ottimismo: i limiti al consumo non sono diminuiti, sono “solo” state aumentate le pene. Pertanto l’effetto è psicologico: nel giro di un anno il cliente si sarà abituato.
Prenotazioni cancellate nei ristoranti e alcolici banditi dalle tavole apparecchiate a festa.
Questo non è il risultato dell’attuazione alla lettera di un nuovo Codice della strada, ma di un terrorismo psicologico non troppo velato messo in atto sin dalla sua presentazione. In un’Europa che in questo campo applica da anni pene ben più severe, l’Italia si è adeguata alle norme di una guida più sicura abbassando i valori del tasso alcolemico della prima fascia di sanzioni da 0,8 a 0,5 grammi per litro.
Non si parla, quindi, di abolizione totale di alcolici, ma solamente di un rafforzamento delle misure ascrivibili al normale senso di responsabilità che ognuno dovrebbe osservare. In un pasto da più portate, concedersi un calice di vino può non essere così pericoloso come si è fatto intendere nelle ultime settimane.
Tutto è sempre da contestualizzare e da inserire in logiche che vanno oltre la strumentalizzazione mediatica.
Alcune interessanti considerazione sul tema, raccolte lungo il Belpaese.
• Voci controcorrente tra i ristoratori: solo allarmismo, basta bere bene.
• La strumentalizzazione ha comunque colpito in primis i ristoratori italiani durante le festività natalizie.
• A tal proposito c’è chi si è sentito pronto a gestire questa ondata di allarmismo generale e chi, invece, ha subito il tutto supinamente.
Nicolò Quarteroni, di ‘Ferdy Wild’ di Lenna (Bergamo), rientra nella prima categoria: “Se non la si vuol mettere sul piano populista di Giorgione – che sostiene che una bottiglia di vino la si beve in 18 persone – si fa un’analisi diversa. Il limite dell’alcol non è essenzialmente cambiato. Il terrorismo fatto in questi tempi ha portato le persone a credere il contrario, ma se si mangia un menu da otto portate, un calice o due si possono bere senza alcun problema”.
“La mescita da noi rappresenta una grande fetta della vendita del vino.” – aggiunge il ristoratore – “Le persone talvolta preferiscono un buon calice da 15 o 30 euro a una bottiglia intera. In più noi diamo da diverso tempo anche una proposta analcolica con prodotti fatti da noi”.
Si spendono 10 euro per un buon drink senza alcol, e si riesce, detta venalmente, a incassare anche senza vendere vino. “C’è preoccupazione perché le persone non hanno capito, ma noi fortunatamente avevamo già sviluppato un’offerta alternativa sia con la proposta analcolica che con le wine box di cui si parla ora. Abbiamo sempre applicato questa filosofia,” – rileva Quarteroni – “invitando il commensale a portare a casa la bottiglia non finita, fornendo anche indicazioni su come conservarla al meglio. Il timore comunque c’è, ma la ristorazione deve andare verso il suo percorso. Non dobbiamo sempre piangerci addosso e dire che non siamo tutelati. Esistono le alternative. Ad esempio, noi facciamo pairing con vini moderni a bassa gradazione alcolica. In genere” – prosegue il ristoratore – “chi viene da noi è un appassionato che magari si ferma a dormire dopo una cena o che, in ogni caso, conosce i propri limiti. Alla fine dei conti chi lavora sul bere bene subirà solo un leggero calo; tutto sta nella professionalità della proposta”.
Un modo ottimistico e professionale di vedere questa crisi settoriale che, evidentemente e senza eccezioni, sta colpendo l’intero Paese.
Altro punto di vista arriva da chi si trova lontano dai grandi centri abitati e le recenti feste le ha sentite con un peso maggiore.
Giorgio Rattini, chef e socio dell’‘Osteria da Oreste’ di Santarcangelo di Romagna (Rimini), dice: “Si parla di un tema spinoso. Non posso che confermare questa flessione. Capodanno è stato il primo, dopo sette anni di apertura, in cui abbiamo fatto la metà dei coperti. Oltre alla riduzione delle presenze abbiamo riscontrato un calo nella vendita del vino. Sono state delle feste atipiche. Attribuisco parte del problema alla nostra posizione, lontano dalla città, problematica che isola i piccoli borghi come il nostro”.
Tanti problemi, alcune soluzioni e molta confusione.
Le soluzioni adottate
Con l’entrata in vigore, lo scorso 14 dicembre, del nuovo Codice della strada, che introduce sanzioni e pene più severe per chi guida sotto l’effetto di alcol o stupefacenti, il settore della ristorazione e delle cantine si riorganizza.
Sebbene alcune pratiche alternative siano già in corso da tempo, l’adeguamento diventa ora una necessità per molti.
Pairing con bevande a basso o zero contenuto alcolico, etilometri a disposizione dei clienti, dosaggi più contenuti e collaborazioni con servizi di trasporto o strutture ricettive: da Nord a Sud, le strategie si moltiplicano per affrontare un cambiamento che potrebbe impattare significativamente sul fatturato, soprattutto nelle aree meno servite da trasporti pubblici.
Lo conferma anche Denis Lovatel, celebre pizzaiolo con locali a Milano e nelle Dolomiti, che teme per il suo storico ristorante ‘Da Ezio’ ad Alano di Piave (Belluno): “In paesi come il nostro, già colpiti dallo spopolamento, queste norme possono aggravare la situazione. Tuttavia, vedo opportunità per bevande a basso contenuto alcolico come kombucha e sidro. Forse metteremo anche a disposizione etilometri, magari quelli usa e getta, per gli ospiti, così da garantire maggiore sicurezza”.
Simona Balia e Mattia Pusceddu del ‘Raices Restaurant Tapas e Wine’ a Sant’Antioco, nel sud della Sardegna e a più di un’ora dal centro di Cagliari, sottolineano l’importanza di un approccio pratico: “Collaboriamo con b&b e incoraggiamo la prassi del ‘guidatore sobrio’. La differenza è culturale: in Irlanda, ad esempio, c’è più consapevolezza sui rischi della guida in stato di ebbrezza”.
Nella zona di Bologna, Paolo Pezzoli, gestore della ‘Corte dei molini’ a Castel Maggiore, e presidente del neonato Consorzio tutela ristoranti Bologna, spiega a Bologna Today: “Durante le festività non ho notato differenze significative nei consumi rispetto agli anni scorsi, ma dall’ultimo dell’anno sì: alcuni clienti hanno deciso di rinunciare persino al calice di vino, dicendo che era meglio evitare per non rischiare”.
Intanto Fiepet Confesercenti Modena segnala un significativo calo delle vendite di alcolici nei ristoranti e nei bar, con una riduzione compresa tra il -10% e il -20% dall’entrata in vigore del nuovo Codice della strada. Per questo, propone l’installazione incentivata di etilometri nei pubblici esercizi per consentire ai clienti di effettuare controlli preventivi prima di mettersi alla guida.
Alla pizzeria ‘I Tigli’, a San Bonifacio, in provincia di Verona, i titolari hanno notato un leggero cambiamento nelle abitudini dei clienti: “Ora una coppia ordina un calice invece di una bottiglia. Ma noi non promuoviamo bevande alternative come kombucha (non si adattano bene alla pizza) ma eventualmente sensibilizziamo i clienti”.
Nicola Bacciolo, maître e co-titolare con Martino Scarpa dell’‘Osteria Ai Do Campanili’ di Cavallino Treporti (Venezia) afferma invece: “La richiesta delle bottiglie si è praticamente fermata: le richiedono solo i tavoli più numerosi, anche se diamo sempre l’opportunità di portare via quelle non finite. Comunque, già dall’introduzione della patente a punti offriamo menu con calici in abbinamento per invitare a bere due diversi vini in quantità limitate, e la cosa funziona”.
Quel che dovrebbe funzionare meglio, secondo Bacciolo, sono i servizi di trasporto: “Qui al Cavallino, dove in estate abbiamo 7 milioni di presenze e in inverno siamo in poco più di 10 mila, ci sono pochissimi taxi e noleggi auto con conducente, e mi è capitato spesso di dover riaccompagnare in campeggio o in albergo turisti che non avevano prenotato il transfer per il ritorno, convinti sarebbe stato facile trovarlo telefonicamente a fine pasto. Se, com’è giusto, chi beve non deve guidare, dovrebbe anche avere più facilitazioni per uscire a cena”.
Più scettica Alessandra Angelini, Ceo dell’azienda vitivinicola Altesino, in Toscana: “Con i gruppi, anche di turisti stranieri, si viaggia sicuri perché arrivano in pullman o Ncc. È l’enoturismo italiano che rischia di essere penalizzato. Stiamo valutando l’uso di etilometri, ma bisogna verificarne l’affidabilità”.
La risposta del settore è variegata, ma il messaggio è chiaro: adattarsi è indispensabile per conciliare sicurezza stradale e cultura enogastronomica.
Pier Dal Mas, uno dei tre titolari del ristorante ‘La Primula’ di San Quirino (Pordenone), certifica il calo nei consumi di alcolici, “per quanto non sia marcatissimo”. “Ormai” – contesta – “è passato il messaggio che con due bicchieri di vino si esce dai parametri tollerati. Il discorso non può valere per un pranzo o una cena al ristorante, dove ci si ferma mediamente un paio d’ore. Il ministero dell’Agricoltura ha autorizzato la produzione con il divieto di superare gli 0,5 gradi. Potrebbero essere ideali nei Paesi arabi e in Italia utili per evitare le sanzioni del nuovo Codice della strada.
Qualche anno fa facemmo un test con i carabinieri: con tre portate, tre bicchieri e perfino mezzo grappino al termine, alla prova dell’etilometro nessuno aveva avuto problemi. Stiamo dunque cercando di lavorare sulla comunicazione con i clienti. Quello che stupisce è il silenzio dei produttori di vino, i più direttamente interessati dal problema”.
David Buzzinelli, presidente del Consorzio tutela vini del Collio, rileva per parte sua come le persone, soprattutto i giovani, “già da parecchio si siano abituate a bere meno,” orientandosi verso il consumo a calice piuttosto che verso l’acquisto di una bottiglia. Quelle non finite al ristorante vengono richieste dal cliente, a volte, “ma tale abitudine – osserva – è più diffusa nelle grandi città che nelle nostre zone”.
Federico Capraro, presidente Confcommercio Treviso e operatore del settore, rileva un crollo dei consumi. Ma evidenzia anche: “L’impatto è diverso tra gli esercizi dei centri storici e quelli più periferici, che dovrebbero organizzarsi anche con servizi di trasporto, magari condivisi tra più ristoranti per renderli sostenibili economicamente”.
E lancia anche un invito ai clienti: “Impariamo da molti giovanissimi, per i quali lo ‘0 alcol’ alla guida è la norma e in tanti si organizzano per designare a ogni uscita una persona che non beve e che assicura serenità a tutti gli altri”. Ma conclude: “Strutturare i servizi e cambiare la mentalità dei clienti richiede tempo. Credo che ancora per un anno ne sentiremo parlare, ma poi sarà come per il divieto di fumo: ci si abituerà e si starà tutti meglio”.
Michela Scarello, titolare, con il fratello Emanuele, del ristorante stellato ‘Agli Amici” di Godia (Udine), non riscontra cambiamenti: “Si sono inasprite le pene, ma la normativa non è cambiata. I comportamenti saggi, come il ricorso a un autista o a un taxi, da parte di chi desidera pranzare o cenarein allegria si sono imposti da tempo. Non abbiamo dunque notato un calo nella richiesta di alcolici. Ormai da parecchio proponiamo il consumo al calice, evitando così ai clienti di dover necessariamente acquistare una bottiglia. E qualora questo avvenga, se a fine pasto il vino non è terminato, l’ospite può portare la rimanenza a casa”.
Analoga è la considerazione di Giorgio Borin, titolare del ristorante ‘La Montanella’ di Acquà Petrarca (Padova): “Non abbiamo registrato un grande calo dei consumi: il periodo delle festività è stato per noi molto intenso ma senza troppe variazioni rispetto al consueto consumo di alcol, proprio perché probabilmente l’attenzione era già alta. Inoltre, già da molti anni proponiamo a tutti la wine bag finale per le bottiglie non consumate del tutto: una formula molto apprezzata per evitare sprechi e non privarsi del vino preferito pur bevendone poco”.
L’articolato quadro della situazione nei ristoranti dalla Lombardia al Piemonte.
Con le nuove regole parla di “un calo del 18-20% rispetto a gennaio dello scorso anno” sul consumo dell’alcol, Roberto Paddeu del ristorante ‘Frades’ a Milano, come riporta anche Il Messaggero:
“Il problema non è Milano o le nuove norme, qui ci sono metrò, taxi e Uber. Ma a Porto Cervo, dove abbiamo l’altro punto vendita, sarà un disastro: lì senza macchina non vai da nessuna parte. Stiamo pensando a una navetta per i nostri clienti. Scelta costosa, ma meglio che vedere i tavoli senza bottiglie”, spiega Paddeu.
Claudio Sadler, chef del ristorante ‘Sadler’ a Milano, insignito di una stella Michelin, vede un inevitabile calo dei consumi: “Abbiamo già percepito una diminuzione dei superalcolici, che ora sarà ancora più marcata. Noi proponiamo pairing alternativi con bevande poco alcoliche, perché la clientela stessa è sempre più attenta. Molti giovani si organizzano con un guidatore sobrio o servizi come Ncc.”
A Milano, Diego Rossi di ‘Trippa’, critica la normativa: «Le pene esistevano già, bastava farle rispettare. Punire chi beve due calici è eccessivo. Dobbiamo tutelare la nostra identità enogastronomica, non promuovere il consumo di sole bibite analcoliche”.
Di parere opposto è Antonio Santini del ristorante ‘Dal Pescatore’ a Canneto sull’Oglio, tre stelle Michelin, dove è patron assieme alla moglie Nadia: “Moderazione e buon senso sono la chiave. Con tre assaggi difficilmente si supera lo 0.5, soprattutto mangiando. Noi già da tempo offriamo strumenti per la misurazione della concentrazione dell’alcool. La soluzione comunque è ridurre le quantità senza rinunciare alla varietà”.
Intanto, l’attenzione è puntata sul mondo del vino senza alcol che può essere un’alternativa valida per chi vuole mettersi al volante. Paolo Castellati, segretario generale dell’Unione Italiana Vini, su questo, sottolinea: “Finalmente possiamo produrre vini dealcolati in Italia. Entro l’anno, prevediamo 50 impianti attivi. È una rivoluzione”. I numeri sembrano promettenti. “Il 21% degli italiani è interessato ai vini dealcolati, una percentuale che sale al 28% tra i giovani tra i 18 e i 34 anni”, continua Castellati.
Sempre rimanendo nel mondo vinicolo, Roberta Ceretto, produttrice dell’omonima cantina ad Alba, sul vino senza alcol ha le idee chiare: “Per me, è un ossimoro. Il vino è tradizione, cultura, un rituale che va ben oltre il semplice bere. Come si può chiamare Barolo qualcosa che non ha nemmeno alcol? È un vino che si gusta con calma, in momenti di tranquillità, e non è certo pensato per eccessi. È un prodotto che racconta un territorio e una storia. Non riesco a immaginare un abbinamento serio tra un cibo e un calice senza alcol”.
Le testimonianze dirette di ristoratori e clienti a Barolo parlano di uno stato di preoccupazione sia per chi il vino lo beve sia di chi lo vende. I primi guardano all’inasprimento delle sanzioni alla guida, i secondi invece alle conseguenze della stretta, ovvero un calo dei consumi di vino a tavola.
“Ormai si era già diffusa la paura dei controlli; – dice a La Stampa Alessio Ceccherini – questa estate mi sono accorto che vendevo cinque bottiglie a sera mentre negli anni precedenti ne vendevo 20. Non so cosa succederà dopo questa nuova stretta. Ma il rischio per noi del settore è grande”.
“Se vendiamo meno noi, vendono meno le cantine. Siamo preoccupati. Non puoi incentivare il turismo enogastronomico e poi mazziare così le persone”, dice Mattia Negro chef del ristorante ‘Barolando’. Meno vino bevuto, meno vino venduto.
Ma il nuovo Codice della strada è perentorio: per un tasso alcolemico compreso tra 0,5 e 0,8 grammi per litro si ha una sanzione tra 573 e 2.170 euro, con sospensione della patente da 3 a 6 mesi. Dallo 0,8 e 1,5 grammi per litro, si è puniti con una sanzione tra gli 800 e i 3200 euro, rischiando l’arresto fino a sei mesi, con sospensione della patente da 6 mesi a un anno.
Per chi supera gli 1,5 grammi per litro, la multa sale a valori che vanno da 1.500 a 6mila euro, la sospensione della patente da uno a due anni e l’arresto dai sei mesi a un anno. Zero tolleranza per i neopatentati per cui il tasso di alcol deve essere sotto lo zero per i primi tre anni dal conseguimento della patente. Tempi duri per chi porta la carta dei vini al tavolo, che non susciterà più la stessa sensazione nei clienti.
Molti la guarderanno sempre di più con un misto di rammarico e avversione. E finiranno per giocare in difesa, optando probabilmente per un solo bicchiere di vino, consumato durante il pasto. “Che una coppia ordinasse una bottiglia a cena era qualcosa di normale, mentre adesso non lo sarà più”, afferma la titolare di ‘Rossobarolo’, Patrizia Panetta.
E a Roma?
Nei ristoranti romani “non beve più nessuno. Alla politica e anche all’informazione dico: che dovemo fa’, n’atro Covid?”.
A parlare è Carlo Muzi, proprietario della pizzeria ‘La Montecarlo’. “Le persone sono state terrorizzate. Hanno detto che se magnano un Mon Chéri je ritirano la patente. Ormai non vendo più neanche le birre piccole: non c’è la stessa spensieratezza di prima”.
Da Roma, Alberto Martelli, del ristorante ‘La Carbonara’ a Campo dei Fiori, osserva: “Prima a pranzo un bicchiere era quasi la norma. Ora? Zero. E le famiglie che ordinavano due bottiglie si fermano a una”. Quello che è evidente è la mancanza di collegamenti alternativi indispensabili per chi non vive e lavora nelle grandi città.
Anche Roberta Pepi, titolare di ‘Da Robertino’ nel Rione Monti, dice che il problema è l’errata comu- nicazione sul Codice della strada: “L’unica stretta che c’è stata è quella delle sanzioni. Ma la percezione delle persone ora è diversa”. Secondo lei “la politica ha eletto l’enogastronomia a nemico della sicurezza, quando il problema vero è, ad esempio, l’utilizzo del telefonino”.
E racconta: “Dal 14 dicembre sono stata subissata di visite di rappresentanti di vini dealcolizzati. Ma già questa definizione è impropria: quello non è un ‘vino’, non si può definire tale. È, semmai, una bevanda analcolica. Un altro prodotto. Il rischio è di distruggere un settore”.
Simone Trabalza, uno dei nipoti di Elena Fabrizi, meglio nota come Sora Lella, gestisce il suo locale sull’Isola Tiberina. “Una contrazione c’è stata. C’è chi non beve, anche se non è cambiato nulla. Si lavora molto di più con la mescita. Però va anche detto che ci sono troppi incidenti mortali, bisogna dare delle regole. Purtroppo per colpa di qualcuno paghiamo tutti”, racconta.
Su viale Trastevere c’è invece il ‘Treefolk’s Pub’: “Abbiamo perso circa il 30% di incasso settimanale.
Nei primi tre giorni non si è visto quasi nessuno. Abbiamo notato che i clienti non li abbiamo persi, ma si concentrano tutti in alcuni giorni della settimana. Per noi però, avendo un locale grande, questo è un problema. Le persone hanno paura anche delle birre di bassa gradazione”, spiega il gestore Luca. Secondo quest’ultimo le criticità ci sono anche per chi lavora: “Io vivo in periferia, alcuni miei colleghi anche fuori Roma. Per lavoro dobbiamo assaggiare spesso. Ma è chiaro che non possiamo permetterci di farci ritirare la patente”.
Anche ‘Vicino Enoteca’, nel quartiere San Giovanni, ha riscontrato una contrazione: “La diminuzione rispetto al dicembre 2023 c’è stata anche se non siamo ancora in grado di dire se dipende dalla nuova legge. Tra i clienti c’è preoccupazione, certo. Per fortuna i nostri sono più legati alla zona, molti vengono a piedi o comunque si organizzano per tragitti brevi”.
Confcommercio Pisa: un cambiamento c’è, ma senza ripercussioni sul settore.
A oltre due mesi dall’applicazione delle nuove disposizioni del Codice della strada, il comparto della ristorazione e dei pubblici esercizi di Pisa e provincia si trova ad affrontare una nuova sfida. Le previsioni iniziali di un possibile calo sono state confermate nei primi giorni di gennaio.
Tuttavia, si percepisce chiaramente un forte desiderio di socialità e di piacere conviviale: “Non dobbiamo fare allarmismo. – spiega Federico Pieragnoli, direttore di Confcommercio Provincia di Pisa – Il nuovo Codice della strada, rispetto alle vecchie norme, non apporta alcuna modifica ai limiti del tasso alcolemico consentito: quello che era possibile bere prima è consentito anche oggi. La differenza sono le sanzioni per chi guida in stato di ebbrezza e una maggiore attenzione ai neopatentati”. Secondo Pieragnoli, la cittadinanza ha dimostrato una crescente consapevolezza sui pericoli legati alla guida sotto l’effetto dell’alcol: “Nei ristoranti, pub e locali di Pisa, molti clienti stanno scegliendo di farsi accompagnare a casa da chi non beve, di prendere un taxi o, nel caso di distanze ridotte, di tornare a piedi. Una prudenza che non solo contribuisce alla sicurezza stradale, ma che dimostra anche un senso di responsabilità crescente”.
Questa evoluzione nei comportamenti è confermata anche dai ristoratori come sottolinea la Presidente di Confristoranti Confcommercio Pisa Daniela Petraglia: “Abbiamo registrato un calo nei consumi, già evidente durante le festività natalizie e confermato nei primi giorni del nuovo anno. Il risultato è un cambiamento nelle abitudini: se prima un tavolo da quattro persone ordinava una bottiglia di vino, ora si opta per un singolo calice. Si avverte una maggiore consapevolezza da questo punto di vista”.
“Per cercare di affrontare il problema, si potrebbe pensare di introdurre una ‘box’ per permettere agli ospiti di portare a casa il vino avanzato, ma è solo una soluzione parziale. Un’altra proposta potrebbe essere l’organizzazione di servizi taxi nelle grandi città, ma i costi rimangono elevati. Questo cambiamento potrebbe comportare una diminuzione della frequentazione dei ristoranti, specialmente di quelli in cui la degustazione di vini è un elemento centrale dell’offerta. È necessario ragionare a fondo su come scongiurare ripercussioni negative per l’intera filiera”.
Uno strumento fondamentale per promuovere una cultura del bere consapevole è rappresentato dalla ‘Guida al servizio per un consumo consapevole di bevande alcoliche’, redatta da Fipe Confcommercio.
Come spiega Pieragnoli, questa guida offre istruzioni semplici e precise sulle norme da seguire. “In particolare, gli operatori del settore devono garantire un servizio responsabile: informare i consumatori sui rischi legati all’alcol, avere a disposizione le tabelle alcolemiche con i principali sintomi correlati ai diversi livelli di concentrazione alcolemica nel sangue, monitorare le quantità di alcol servite, in modo da prevenire situazioni pericolose. Obblighi a cui la maggior parte di gestori e addetti dei nostri pubblici esercizi già adempiono, anche grazie alle campagne di sensibilizzazione che abbiamo attuato negli anni passati”.
Le tabelle alcolemiche, obbligatorie nei locali che operano dopo la mezzanotte, rappresentano un elemento chiave per informare i consumatori sui sintomi associati ai vari livelli di alcolemia. Questi strumenti evidenziano anche le quantità di alcol che possono far superare i limiti di legge, aiutando i clienti agestire il consumo in modo consapevole. “Le preoccupazioni sulle possibili ripercussioni economiche per il settore, purfondate, nel medio periodo potrebbero affievolirsi” – conclude Pieragnoli – “Il consumo responsabile è pienamente compatibile con l’esperienza di convivialità che la ristorazione offre, e i nostri esercenti stanno rispondendo con soluzioni pratiche per aiutare i clienti a rispettare la legge senza compromettere il piacere di un buon calice di vino”.
“Vinarius ritiene che il consumatore debba essere educa- to e informato nel modo corretto, evitando interpretazioni errate o allarmismi ingiustificati” – spiega in conclusione Andrea Terraneo, presidente di Vinarius.
“A seguito delle recenti modifiche ai valori delle sanzioni amministrative previste per chi supera i limiti consentiti di consumo di alcolici, e non dei limiti legali di alcolemia stabiliti dalla normativa vigente – continua – abbiamo riscontrato una comunicazione non sempre chiara da parte delle istituzioni, che ha generato confusione tra i consumatori”.
Fin dai primi giorni successivi agli annunci ufficiali, le enoteche Vinarius si sono impegnate attivamente per fornire informazioni precise e corrette, aiutando i propri clienti a comprendere la normativa e a vivere il consumo del vino in modo sereno e responsabile.
[Questo articolo è tratto dal numero di marzo-aprile 2025 de La Madia Travelfood. Puoi acquistare una copia digitale nello sfoglia online oppure sottoscrivere un abbonamento per ricevere ogni due mesi la rivista cartacea]