Che la Germania sia la patria della birra è ormai assodato. Che la Franconia però sia la capitale di questa patria è meno noto. Eppure è in questo lembo di Baviera, tra Norimberga, Bamberga e Kulmbach, che si trova la più alta concentrazione di birrerie di tutta la Germania, oltre 200 (un sesto di tutte quelle presenti in Germania), in grado di produrre più di mille tipologie differenti di birra. Un primato di cui gli abitanti vanno giustamente orgogliosi e che rivendicano in ogni occasione. In particolare durante la Sandkerwa, festa popolare che la città di Bamberga dedica al biondo nettare (quest’anno si svolgerà dal 25 al 29 agosto) in cui meglio che alla più nota Oktoberfest di Monaco è possibile apprezzare le mille e mille sfaccettature di un mondo che al di qua delle Alpi stenta ad essere compreso. La Franconia è definita la Toscana bavarese non a caso: se la morbidezza delle sue colline può ricordare, seppure lontanamente, il profilo dei colli di casa nostra, è piuttosto per la straordinaria diffusione di birrifici che i tedeschi si sono permessi l’ardito paragone, visto che da nessun’altra parte come in Toscana è possibile coniugare territorio e cantine, seppure vitivinicole.
Centro di attrazione dell’intera regione è la meravigliosa città di Bamberga, il cui centro storico è stato dichiarato dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità per la straordinarietà del suo paesaggio urbano e per la bellezza dei palazzi che si affacciano sul Regnitz quasi a ricreare le magiche e incantate atmosfere della nostra Venezia: non a caso il quartierino costruito proprio sulle sponde del fiume è stato battezzato dagli abitanti “klein Venedig”, ovvero la piccola Venezia. E del paragone sono così convinti che ogni tanto si vede scivolare sulle sue acque una gondola, sulla quale astuti operatori locali trasportano i turisti per una visita più coinvolgente delle specificità locali. C’è stato un tempo in cui a Bamberga le birrerie, fra industriali e artigianali, erano 76. Oggi ne sono rimaste “soltanto” 11, tutte in piena operatività, tanto che l’ufficio turistico locale organizza visite guidate di un’intera giornata, in modo che l’appassionato possa farsi un’idea chiara del profondo legame che c’è fra la birra e questo territorio. Informazioni dettagliate dell’illustre passato “birrario” della città si possono inoltre ricavare visitando il Fränkisches Brauereimuseum, ricavato nell’antico birrificio del convento sul Michaelsberg.
La più gettonata fra tutte le birrerie di Bamberga è la Schlenkerla, situata in pieno centro, in Dominikanerstrasse, all’interno di un palazzo secolare dalla tipica facciata a graticcio. Schlenkern è un’antica parola tedesca che significa “zoppicare” e pare si riferisse ad un vecchio birraio che per un incidente di lavoro aveva problemi di deambulazione. Lì da più di 300 anni viene servita una birra che più tipica non si può, ovvero la “rauchbier”: si tratta né più né meno di una birra affumicata, una rarità nel panorama birrario tedesco e al tempo stesso una gioia per il palato. Nessuno oggi sa con precisione come sia nata, anche se sembra credibile la leggenda secondo cui fu un tremendo incendio scoppiato nei pressi della cattedrale a dare origine al tutto: il denso fumo avvolse l’intera città, birrerie comprese, che decisero però di non buttare il prodotto “contaminato” e di servirlo affumicato. Rispettosa, come tutte le altre birre bavaresi, del famoso “Editto di purezza” del 1516, la “Aecht Schlenkerla Rauchbier” viene prodotta con malto affumicato: il malto verde, quando viene essiccato come accade per qualsiasi altra tipologia di birra, anziché essere messo al riparo dai fumi della combustione vi viene esposto. Grande cura viene posta ovviamente nella scelta del combustibile, solitamente legno di faggio invecchiato per almeno tre anni proveniente dalla foresta sveva: è questo a conferire alla birra aroma e colore particolari. Il sapore, ovviamente, ha la netta impronta dell’affumicatura, ma un inatteso equilibrio organolettico con malto e luppolo la rende comunque fresca e “beverina”, in particolare per quanto riguarda la versione “lager”; più robusta e affumicata invece la versione “märzen”. Rauchbier si può bere anche alla Spezial Brau ed è in corso fra appassionati la diatriba su quale delle due sia quella che meglio rispecchia i principi di riferimento di quella che a Bamberga è ormai un’istituzione. Tenendo peraltro sempre presente che nelle altre brauerei cittadine è possibile assaggiare specialità altrettanto interessanti.
Esaurito il tour birrario di Bamberga e dintorni (da segnalare almeno la birreria Drei Kronen di Memmelsdorf, 11 chilometri a nord, e la sua Stöffla, una rauchbier di grande raffinatezza), il vero appassionato non potrà perdere l’occasione di avvicinarsi anche ad un’altra istituzione birraria della Franconia, ovvero la Zoigl. Ad una cinquantina di chilometri ad est, verso il confine con la Repubblica Ceca, esiste infatti una sorta di minirepubblica birraria autonoma in cui accadono cose davvero incredibili, sicuramente meritevoli di una deviazione nonostante il territorio non offra allettamenti pari a quelli che si vanno ad abbandonare. Mitterteich, Falkenberg, Windischeschenbach, Neuhaus ed Eslarn sono cinque piccoli villaggi, distanti una manciata di chilometri l’uno dall’altro, in cui da secoli la birra viene prodotta a turno dai diversi gruppi familiari della comunità nella brauerei comunale e poi servita e venduta in abbinata a qualche semplice piatto della gastronomia locale all’interno delle abitazioni private, che per il tempo necessario, secondo preciso calendario disponibile presso gli uffici turistici locali, si trasformano in vere e proprie birrerie. Zoigl è storpiatura dialettale che in italiano si avvicina al significato di “segno”: questo tipo di birra e di mescita deve infatti la sua definizione al segnale di indicazione che veniva esposto all’esterno delle abitazioni quando la birra era pronta da mescere. Un segnale del tutto identico alla stella di David a sei punte, ma nulla ha a che vedere con quella simbologia. Si ritiene infatti che le punte del primo triangolo stessero ad indicare i tre elementi principali indispensabili alla produzione della birra, ovvero fuoco, acqua e aria, mentre quelle del secondo triangolo i tre ingredienti fondamentali, cioè malto, luppolo e acqua. Quando compare questo segnale, per qualche giorno è possibile degustare specialità più uniche che rare, visto che nessuna delle birre prodotte è uguale alle altre ma soprattutto nessuna delle birre realizzate da ogni singola famiglia può essere paragonata con quelle già spinate o con quelle che verranno servite a breve: mancando i crismi dell’industrializzazione, ogni birra avrà una sua specifica individualità. Sfumature, certo. Ma gli appassionati si lanciano in veri e propri tour degustativi alla ricerca del quid che possa conferire ad un prodotto piuttosto che ad un altro la palma del migliore. Il tutto all’insegna dell’hic et nunc, come si dice: la birra va infatti degustata sul posto, visto che non ha conosciuto l’“infamia” della pastorizzazione e non può dunque sopravvivere a lungo senza modificare irrimediabilmente le sue caratteristiche organolettiche. Certo, qualcuno che ha provato a imbottigliarla c’è, ma, com’è facilmente immaginabile, non è la stessa cosa. E chi l’ha assaggiata può garantire che spingersi fino a quelle latitudini, se si ha un debole per il biondo nettare, non è operazione avventata. Tutt’altro.