Tra l’Adige e il Garda si erge il Monte Baldo avamposto prealpino sulla pianura padano-veneta. Sulle sue pendici prospera una flora peculiare: olivi, lecci, cedri, limoni… castagni. Questi ultimi anche plurisecolari, impregnati del meraviglioso clima del Benaco, baciati dal sole, offrono da immemore tempo i loro marroni, leccornia del palato, alle genti del lago tanto caro a Catullo (Johann Wolfgang Goethe)
La coltivazione del castagno è un’arte antica, nell’area baldense risale al 1285, inizialmente era coltivato nella fascia tra i 600 e i 900 metri, in seguito, nell’ottocento, la loro diffusione interessò sia il versante orientale sia quello occidentale del Baldo e in modo particolare San Zeno e le sue contrade. Nelle zone di montagna i marroni hanno rappresentato per secoli uno dei principali alimenti: con la farina si preparavano infatti anche pane, pasta, dolci e polenta, ma non solo: le castagne fornivano anche un’importante risorsa per nutrire i maiali. A loro erano destinati i frutti di minor qualità, capaci però di trasmettere alle carni un gusto particolarissimo. I frutti freschi erano anzitutto arrostiti nella particolare padella forata e, accompagnati al vino nuovo, diventavano emblema della festa di ringraziamento per l’annata agricola, dedicata a San Martino, questa festa era talvolta legata alla prima questua annuale e al rito dei morti, in occasione del quale si confezionavano anche particolari biscotti con la farina di castagne, come piccoli “castagnacci”. Questa tradizione ha ripreso vigore nel secondo dopoguerra, a partire dagli anni ’20 prese infatti il via nel comune di San Zeno di Montagna la tradizionale sagra del marrone, tramandata fino ai giorni nostri con il nome di “Mostra Mercato del Marrone”, che si svolge ogni anno nel periodo di raccolta delle castagne, tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre. Principale attrattiva della manifestazione è il mercatino dei sapori, dove è possibile degustare il Marrone di San Zeno D.O.P. in tutte le sue molteplici vesti, accompagnate da un buon bicchiere di vino locale.
In occasione della festa si tengono alcuni concorsi come il “Marron d’Oro” riservato ai produttori del Consorzio di Tutela del Marrone di San Zeno Dop e il Palio Gastronomico delle Contrade, in cui viene assegnato il premio “Minestron d’Oro” per il miglior minestrone di marroni, preparato con patate, sedano, carote, cipolla, verza, fagioli, croste di formaggio e marroni essiccati, oggi sostituiti dai peladèi, ossia quelli lessati, uno dei modi più tipici e gustosi di cucinare questo eccezionale prodotto.
La Mostra Mercato del Marrone è inoltre l’occasione per degustare prodotti di nicchia a base di marroni; partendo dalla “Birra Castanea” lievemente ambrata e prodotta con Marroni D.O.P è frutto di una tradizione che affonda le origini nel Medioevo, una birra radicata nel territorio e forte nel gusto, che oltre al marrone vede impiegati altri ingredienti locali per creare una bevanda figlia della lavorazione di materie prime autoctone; per arrivare ai marroni canditi, disponibili in due varianti, “alla grappa” e “allo sciroppo”, creati per poter gustare il meglio dei Marroni di San Zeno D.O.P. anche quando la produzione e ormai finita.
La zona di coltivazione del Marrone di San Zeno D.O.P. si trova sulle pendici del Monte Baldo veronese, tra il fiume Adige ed il lago di Garda, in un clima mite influenzato dalla presenza benefica del lago, con terreni acidi, tendenzialmente sciolti e non superficiali sui quali il prodotto esprime caratteristiche uniche. La zona di produzione e trasformazione del Marrone di San Zeno comprende una ben determinata porzione di questo territorio, nei comuni compresi nella Comunità montana del Monte Baldo: Brentino-Belluno, Brenzone, Caprino Veronese, Costermano, Ferrara di Monte Baldo e San Zeno di Montagna.
I frutti che “guadagnano” la D.O.P. provengono esclusivamente dalla tradizionale varietà locale Marrone, che si trova nella fascia del Castanetum. Ancor oggi il lavoro del castagnicoltore rimane in gran parte manuale, inizia durante l’estate con la potatura dei polloni, le pòle, in eccesso; poi con un rastrello si procede alla pulizia del terreno dai ricci caduti vuoti a terra, i rissi vani. I primi frutti raccolti sono chiamate castagne sanmicheline, perché sono riferite al giorno di San Michele, il 29 settembre. Quando i croèi, primo indizio, unito al colore marrone dei ricci, indica che i frutti sono maturi, i maròni sono battuti con lunghe stanghe di bambù, , sia da terra sia dall’albero, poi con la giova, una specie di forcella, si raccolgono i ricci, che riposti nelle sérle, grandi ceste portate a spalle, vengono trasportati nella rissàra dove sono posti a fermentare per almeno una quindicina di giorni. In seguito con il fumagàl, una specie di rastrello con i denti molto distanziati, i ricci vengono rotti e le donne si occupano della selezione che precede la vendita del prodotto.
La Denominazione di Origine Protetta Marrone di San Zeno si riferisce alla specie Castanea sativa Mills, riconducibile alla varietà “marrone”. I frutti devono presentare le seguenti caratteristiche:
- numero di frutti per riccio non superiore a 3;
- pezzatura variabile, ma con un numero di frutti per kg non superiore a 120 e non inferiore a 50;
- forma ellissoidale, con apice poco rilevato, facce laterali in prevalenza convesse, ma caratterizzate da diverso grado di convessità, cicatrice ilare simile ad un cerchio schiacciato tendente al rettangolo che non deborda sulle facce laterali, di colore più chiaro del pericarpo;
- pericarpo sottile, lucido, di colore marrone chiaro con striature più scure, evidenziate in senso mediano;
- episperma (pellicola) sottile lievemente penetrante nel seme, che si stacca con facilità alla pelatura;
- seme di colore tendente al giallo paglierino, lievemente corrugato, pastoso e di gusto dolce.
- Al momento dell’immissione al consumo i frutti, oltre a presentare le caratteristiche di forma ed aspetto sopra specificate, devono essere interi, sani, puliti ed asciutti.
- È vietato l’uso di prodotti di sintesi e le pratiche di forzatura, al fine di salvaguardare la naturalità della produzione.
- I frutti raccolti subiscono trattamenti di cura secondo il metodo tradizionale, quali la “novena” e la “rissara”. In entrambi i casi l’obiettivo è favorire una fermentazione naturale per far aprire il frutto e preservarlo da funghi, muffe e parassiti.
- La “novena” consiste nel far riposare i marroni in acqua fredda per 9 giorni cambiando parte o tutta l’acqua ogni 2, senza aggiunta di nessun additivo.
- La “rissara” consiste nell’accumulare all’aperto i frutti ed i ricci per 8-15 giorni.
Il Marrone di San Zeno D.O.P. è ricco di amido, buon apportatore di calorie, di proteine, di sali minerali e vitamine. È estremamente nutriente ed energetico. Sia la digeribilità che l’apporto calorico variano a seconda dello stato e del tipo di cottura. A “crudo” ha una digeribilità piuttosto scarsa e un apporto calorico intorno alle 150 calorie per etto, bollito invece, presenta una maggiore digeribilità e riduce l’apporto calorico a circa 120 calorie per etto. Arrostito aumenta nuovamente il suo apporto calorico fino alle 200 calorie per etto.
Simbolo della purezza dei boschi del Baldo, lo scoiattolo, è la nuova mascotte del Consorzio di Tutela del Marrone di San Zeno D.O.P. Si tratta di una creatura del bosco e in particolare dei castagneti baldensi, che gli fanno da casa e gli offrono cibo e riparo. La sua presenza, come quella di molti altri animali, è inoltre garanzia di produzioni naturali, prive di concimazioni chimiche e trattamenti antiparassitari. Testimonia che per il Marrone di San Zeno D.O.P. non sono ammesse forzature. Lo scoiattolo è mascotte del Consorzio così come il Marrone di San Zeno D.O.P. è la mascotte dell’omonimo comune e, più in generale, del monte Baldo: un territorio perfettamente preservato, con un’ottima qualità di vita e una sapiente conservazione della natura quale più grande risorsa ed attrattiva.