L'incipit della vicenda ormai è storia, considerati i tempi ultrarapidi con cui la televisione e la società contemporanea consumano qualsiasi cosa. Il 20 aprile 2009 la trasmissione satirica “Striscia la notizia” dà il via a una lunga scia di servizi intitolati “Fornelli polemici”. Al centro dell'attenzione, nella prima puntata della saga, finisce Ferran Adrià, attaccato duramente per l'utilizzo, nella sua cucina, di additivi chimici e per la loro commercializzazione con la linea Texturas. Il termine “cucina molecolare” entra nelle case di milioni di persone. Pochissime di loro hanno avuto l'occasione di sedersi al tavolo di Ferran Adrià. Eppure Striscia s'incancrenisce nella controversia, coinvolgendo i ristoratori italiani (su tutti, Massimo Bottura) che propongono, nei loro locali, la cosiddetta cucina molecolare. Segue un anno strano dove le polemiche, come onde del mare, si frangono rumorose e poi si ritraggono. E si fanno confuse. Nel grande calderone non si va troppo per il sottile. Non si mettono all'indice solo gli additivi chimici, ma si innestano anche altri filoni, tra cui la grande querelle sulle guide gastronomiche, sui criteri di valutazione e aggiornamento, sulle modalità per essere recensiti. Quando le polemiche sembrano chetarsi definitivamente, il 23 dicembre, in diretta televisiva, il sottosegretario alla salute Francesca Martini firma un'ordinanza in cui proibisce “quei prodotti chimici che fanno parte della cucina molecolare e destrutturata” (testuali parole), sottolineando che l'input di questa ordinanza è giunto proprio dall'inchiesta condotta da Striscia la Notizia. Il divieto riguarda solo la ristorazione, non i prodotti industriali, perchè “l'industria li utilizza in forma minima e fa controlli che non avvengono nelle cucine dei ristoranti”. Al bando finisce anche l'azoto liquido, perchè pericoloso sotto il profilo della sicurezza sul lavoro. Ma cosa c'è scritto nel primo caso di ordinanza firmata a favore delle telecamere di una trasmissione satirica? Il testo, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 18 febbraio recita:
Quali gli additivi banditi
Stop assoluto, quindi, per gli additivi alimentari per i quali la normativa vigente ha stabilito campi e dosi massime di impiego. Un esempio? I lieviti istantanei per i dolci: il JECFA, il comitato congiunto FAO/WHO sugli additivi alimentari, ne ha stabilito una assunzione massima cumulativa di 70 mg/kg di peso corporeo.
Per gli additivi alimentari per i quali non sono previste dosi massime, invece, c'è solo l'obbligo di informare il cliente. Come, non è specificato dall'ordinanza. In questa categoria, curiosamente, ricadono molti degli additivi utilizzati da Ferran Adrià e commercializzati nella linea Texturas: la lecitina, l'alginato, il cloruro di calcio, l'Agar agar.
Infine, c'è il divieto di detenere e impiegare sostanze in forma gassosa. Un modo per mettere al bando l'azoto liquido? Macchè: come dice il nome stesso, l'azoto è liquido, non gassoso.
L'ultimo elemento rilevante dell'ordinanza è che ha una data di scadenza: 31 dicembre 2010. E dopo, che succederà?
Le risposte del sottosegretario
Francesca Martini:
“Noi tuteliamo i consumatori”
Per fare luce sui lati oscuri dell'ordinanza, abbiamo interpellato l'ufficio stampa del sottosegretario Francesca Martini, Riportiamo le sue risposte in forma integrale.
Il 29 gennaio scorso ha firmato un'ordinanza che contiene misure urgenti in merito alla tutela della salute del consumatore e che pone dei paletti per l'utilizzo, nel settore ristorativo, di additivi e miscele di additivi alimentari. Quali motivazioni hanno ispirato l'ordinanza?
L’emanazione dell’ordinanza 29 gennaio 2010 da parte del Ministero della salute si è resa necessaria dopo la verifica da parte dei Carabinieri per la tutela della salute dell’uso di additivi alimentari nell’ambito della ristorazione ed in particolare nella cosiddetta “cucina innovativa o molecolare”. In base a tali controlli, effettuati in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità ed il personale della Direzione generale della sicurezza degli alimenti, è stata riscontrata la presenza e l’impiego di additivi e loro miscele in confezioni che riportavano in etichetta informazioni errate non conformi alla normativa vigente in materia di etichettatura e tali da non consentire all’utilizzatore un uso corretto e soprattutto sicuro per il consumatore.
Nell'ordinanza si vieta l'utilizzo di additivi alimentari per i quali la normativa vigente ha stabilito campi e dosi massime di impiego (ad esclusione degli edulcoranti). Quali sono queste sostanze?
Come è noto, l’ordinanza vieta l’impiego degli additivi per i quali sono stati fissati campi e dosi d’impiego, e tra questi, possiamo citare, a titolo esemplificativo, alcuni conservanti quali i solfiti (E220-E228), i nitriti ed i nitrati (E 249-E252), nonché i benzoati (E210-E215, E218 ed E219). A tale proposito vorrei precisare che per tali additivi le condizioni d’uso sono state fissate prendendo in considerazione la dose giornaliera accettabile, stabilita da Organismi scientifici internazionali (JECFA, SCF ed EFSA) ovvero la quantità di additivo che può essere ingerita giornalmente attraverso la dieta nell’arco di vita senza che compaiano effetti indesiderati. Il mancato rispetto di tali dosi potrebbe comportare la comparsa di effetti indesiderati ed in alcuni casi costituire un potenziale rischio per la salute del consumatore.
Perché l'industria alimentare può utilizzare queste sostanze (sempre rispettando le dosi massime di impiego) e un ristoratore no?
L’industria alimentare, così come è intesa nell’accezione comune, può utilizzare gli additivi per i quali sono stati fissati campi e dosi di impiego nel rispetto della norma, perché gli additivi nascono proprio per essere utilizzati nella produzione di alimenti imballati nell’ambito di situazioni controllate da personale consapevole che ne conosce finalità, criticità e modalità d’uso. Viceversa l’uso degli additivi nella preparazione di pasti non rientra, tranne alcune isolate eccezioni (agenti lievitanti, addensanti e emulsionanti nella preparazione di dolci e gelati), nella tradizione della ristorazione e pertanto occorre evitare usi impropri ed inconsapevoli da parte degli operatori che potrebbero causare un rischio per il consumatore.
Nell'ordinanza si vieta l'utilizzo di sostanze in forma gassosa (ad eccezione degli additivi alimentari per i quali la norma vigente non ha stabilito campi e dosi massime). Quali sostanze dunque verranno proibite? Quali rischi per la salute comportano queste sostanze?
Come è noto l’ordinanza non vieta l’impiego di sostanze in forma gassosa per i quali la normativa non ha stabilito le condizioni d’uso quali ad esempio l’anidride carbonica (E290), l’argon (E938), l’azoto (941) ma vieta l’uso dell’ anidride solforosa (E220), del butano, dell’isobutano e del propano (E943a, E943b ed E944). Per quanto riguarda i rischi, vorrei sottolineare il fatto che l’E220 può causare delle reazioni indesiderate, tanto è vero che la legislazione in materia di etichettatura dei prodotti alimentari ha inserito l’anidride solforosa ed i solfiti nell’elenco degli allergeni alimentari (cfr. Allegato I al Decreto legislativo 8 febbraio 2006, n.114). Per l’uso degli altri additivi in forma gassosa che ho citato, bisogna considerare che in generale sono sostanze inodori, pertanto di non facile e sicuro impiego nella ristorazione.
In quale maniera i ristoratori dovranno informare i loro clienti?
Nell’ordinanza non è stato precisato nulla circa le modalità di informazione con cui i ristoratori dovranno informare i loro clienti per tener conto delle diverse realtà che operano nel settore della ristorazione. Ciò precisato, è chiaro che ogni sistema di informazione del consumatore eventualmente adottato dal ristoratore, sia reso disponibile per un’eventuale verifica da parte dell’Autorità sanitaria. E’ nostra intenzione convocare un Tavolo Tecnico di esperti con i rappresentanti delle Associazioni di categoria dei ristoratori per definire modalità condivise di comunicazione al consumatore circa la presenza di additivi alimentari nei piatti preparati. Ciò consentirà agli operatori della ristorazione di diversificare le modalità di comunicazione, commisurate alle loro dimensioni e tipologie imprenditoriali, mantenendo l’obbligo e l’efficacia dell’informazione, senza porre oneri burocratici insostenibili all’attività produttiva. E’ importante sottolineare che l’ordinanza obbliga inoltre l’operatore del settore della ristorazione ad informare il consumatore in merito alla presenza di additivi alimentari nei piatti, soprattutto in relazione al rischio di possibile presenza di allergeni.
Nell'ordinanza non sono contemplate sanzioni per i trasgressori. Sono state specificate in seguito o ancora non sono previste?
Come è noto, lo strumento giuridico dell’ordinanza non può contenere sanzioni penali. In ogni caso è applicabile l’articolo 650 del Codice Penale (Inosservanza dei provvedimenti dell’autorità).
(nda: l'articolo 650 recita: Chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall'autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica o d'ordine pubblico o d'igiene, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a euro 206).
L'ordinanza sarà in vigore fino al 31 dicembre 2010. Si tratta dunque di una sperimentazione o si pensa fin da ora di estenderne la durata?
L’ordinanza ha una validità fino al 31 dicembre 2010 perché ritengo che sia un periodo sufficiente per poter acquisire informazioni dalle Autorità sanitarie operanti sul territorio.
Molto rumor
per nulla…
Altre delucidazioni sull'ordinanza. Parola alla scienza.
Dunque, cosa vieta l'ordinanza? Lo abbiamo chiesto a Dario Bressanini, chimico, professore di Termodinamica all'Università dell'Insubria di Como e autore del blog “Scienza in cucina”.
Cerchiamo di fare chiarezza: cosa vieta l'ordinanza?
“Io non sono un avvocato, ma leggo e, da chimico, cerco di dare un senso alle parole. Mi pare che l'ordinanza non vieti nulla di quello che voleva vietare. Secondo me l'ordinanza va letta alla luce della famosa intervista televisiva del 23 dicembre, in cui il sottosegretario Martini parla dell'azoto liquido. Se avesse voluto vietarlo non avrebbe dovuto scrivere quello che ha scritto, ovvero il divieto di utilizzare sostanze gassose, perchè l'azoto, appunto, è liquido, come dice il nome. Di sicuro l'azoto liquido non viene vietato, ma se si legge l'ordinanza ci sono altri gas che parrebbero vietati e che sono utilizzati da tutti i cuochi, come i sifoni”.
E per quanto riguarda gli additivi chimici?
Gli additivi alimentari ammessi nell’Unione Europea sono regolamentati dalla direttiva 95/2/CE. L’appendice I della direttiva elenca tutti gli additivi che si possono utilizzare senza che sia specificata una dose massima: in questa categoria ricadono molti degli additivi presenti nella linea Texturas di Ferran Adrià, che quindi si potranno continuare ad utilizzare. Per un secondo gruppo di additivi, quelli a cui si riferisce il comma 1 dell’articolo uno dell’ordinanza, e che sono ora vietati agli operatori della ristorazione, esistono invece dei limiti al loro utilizzo, stabiliti da vari organismi internazionali.
Qual è la sua opinione su quest'anno di polemiche? A me pare che si sia fatta solo tanta confusione.
E' vero. L'errore di fondo della serie di servizi televisivi è stato quello di cercare di far credere che queste sostanze chimiche, le texturas come le chiamava, fossero una specie di categoria a parte, mentre sono semplicemente un sottoinsieme delle sostante utilizzate dall'industria alimentare o in alcune cucine particolari. Qualche spettatore può essere stato indotto a credere che non esistesse una regolamentazione per questi additivi. Ma non è così. E i prodotti Texturas sono stati sequestrati nei mesi scorsi dai NAS per una irregolarità delle etichette, non per loro pericolosità, come invece è stato fatto credere.
Perchè parlare di scienza in cucina mette così paura?
Il problema principale è che le conoscenze scientifiche, soprattutto quelle legate alla chimica e alla biologia, sono scarse perchè nella scuola non si forniscono o se si forniscono non si calano nel quotidiano e restano astratte. E l'ignoranza genera confusione e timori. Ma la paura per quello che la scienza sta facendo è abbastanza generalizzata, non è relativa solamente a questi argomenti. Bisogna far passare il concetto, fin dalla scuola dell'infanzia, che la parola chimica non è sinonimo di velenoso.
Certo che se a fare confusione è chi legifera, la situazione diventa drammatica.
Non è la legge a essere confusionaria. La legge sugli additivi alimentari – sia la regolamentazione europea sia la legge italiana – è chiarissima. E' quella la legge a cui si fa riferimento. E' l'ordinanza a essere scritta male, e non aggiunge nessuna tutela in più per il consumatore.
Non trova nessun aspetto positivo in quest'ordinanza?
L'unica cosa chiara che emerge è l'obbligo per gli operatori della ristorazione di avvisare in qualche maniera i clienti della presenza di eventuali additivi.
Su questo non ho nulla da dire: non è una questione di sicurezza sanitaria, che già c'è, ma una questione di trasparenza verso il consumatore. Che riguarderà, spero, tutti i locali, non sono quelli che sono stati messi all'indice dall'inchiesta e che, secondo me, facevano un uso intelligente di queste sostanze. Penso piuttosto all'anonima pizzeria, dove mi spacciano per semifreddo della casa uno fatto con le bustine industriali.
Cosa pensano di questa vicenda coloro che ogni giorno lavorano nelle cucine dei ristoranti italiani? Come hanno accolto l'ordinanza? Quali sono i loro dubbi? E quali le iniziative messe in atto per adeguarsi al Verbo della Martini?
Per completare questo articolo, abbiamo pensato di sentire tre cuochi. A mio parere, estremamente emblematici. Il primo, Massimo Bottura, è stato il cuoco italiano maggiormente preso di mira dalla trasmissione di Striscia la Notizia. Il secondo, Rocco Iannone, ha indossato, per la trasmissione di Antonio Ricci, i panni del difensore della cucina tradizionale italiana, pura e naturale. Il terzo, Ettore Bocchia, è colui che ha coniato il termine di cucina molecolare italiana.
Bene, Massimo Bottura, che abbiamo contattato via mail, ha comprensibilmente risposto: “Scusatemi, ma non ne posso più di questa vicenda”. Con Rocco Iannone non è andata meglio: “Penso di aver già detto tanto su questa storia e forse sono gli altri che devono dare molte spiegazioni”.
L'unico che ha accettato di puntualizzare la sua posizione è stato Ettore Bocchia. Che ha evitato di esprimere tutti i suoi dubbi sui reali divieti imposti dall'ordinanza.
Qual è la sua opinione su quest'anno di polemiche?
L'unica cosa che mi dispiace è che viene utilizzato il termine di cucina molecolare senza sapere che cosa è, senza sapere che cosa abbiamo fatto. La cucina molecolare non è quello di cui si parla: gli esperimenti e le ricette che abbiamo fatto io e il professor Cassi vanno nella direzione opposta a quello che si sta dicendo. Soprattutto, si utilizza il termine di cucina molecolare per ristoranti che non fanno quel tipo di cucina che propongo io. Sono stato il primo a dichiarare di fare la cucina molecolare italiana, sono stato il primo a registrare il nome, a classificarla. Dato che era una cosa nuova si sono accodate molte persone, e hanno classificato come “cucina molecolare” proposte estranee alle nostre. Fondamentalmente si può fare cucina molecolare anche quando si frigge un uovo, se uno ha le conoscenze scientifiche per darsi delle risposte circa quello che succede nella padella, ossia se si ha la visione “molecolare” della ricetta. Il supporto della scienza mi serve per dominare la tecnica: quando uno riesce a dominare la tecnica, ha la possibilità di dominare il piatto in quanto lo può progettare a priori.
Gli additivi sono vietati a chi opera nella ristorazione ma non alle industrie. Affermando questo, il legislatore non mette per caso in discussione la professionalità del cuoco?
Su questo non commento. Io faccio il cuoco e mi devo attenere a determinate regole. L'importante è che le regole siano chiare e che tutti le rispettino.
Davide Cassi, fisico e appassionato di cucina, ha scritto nel 2005 con Ettore Bocchia “Il gelato estemporaneo” (ed. Sperling & Kupfer), un libro in cui sono spiegati i principi della cucina molecolare. Insomma, la persona giusta per fare un po' di chiarezza su argomenti trattati, purtroppo, in maniera troppo superficiale.
Cassi, partiamo dalle base: diamo una definizione corretta di cucina molecolare?
Parlare di cucina molecolare non significa nulla, perchè questo termine viene utilizzato con accezioni troppo diverse. La cucina molecolare italiana che abbiamo ideato io e Ettore Bocchia non ha nulla a che vedere con gli additivi. Piuttosto, è una cucina scientifica che ha come obbiettivo la ricerca di nuove tecniche e nuove preparazioni, utilizzando metodi e conoscenze scientifici. Poi c'è chi utilizza additivi e chiama la sua “cucina molecolare”, ma è una cosa diversa. L'utilizzo di una tecnica o di una scienza non può identificare uno stile di cucina, perchè il cuoco utilizza a modo sue le tecniche. Sarebbe come dire che un cuoco fa cucina a microonde o a induzione. Detto questo, occorre fare chiarezza su cosa significhi additivo. Il termine additivo non vuol dire niente: è una definizione legale, non scientifica. Per l'industria la definizione è abbastanza fumosa: sono additivi tutte quelle sostanze che normalmente non vengono utilizzate come ingredienti nella ricetta, ma hanno uno scopo, come aumentare la conservabilità di un prodotto, ad esempio. Se andiamo a vedere la lista degli additivi dell'Unione Europea ci sono sostanze molto diverse: la colla di pesce lo è, il lievito in polvere pure. Insomma, il termine additivo non bisogna utilizzarlo perchè non significa nulla. La dicitura “additivo chimico”, nel linguaggio comune, viene utilizzata per sostanze che non sono presenti in natura ma vengono ottenute attraverso reazioni chimiche. Qui la situazione è abbastanza sottile: non è detto che facciano male o bene, sono solo sostanze che non esistono in natura. La ricerca tossicologica e farmacologica ha stabilito una dose giornaliera ammissibile per questi prodotti, cioè la quantità massima che si può assumere ogni giorno della vita senza avere danni. La dose giornaliera ammissibile è un dato che basterebbe riportare sulle scatole dei prodotti e la questione sarebbe finita lì, non c'è bisogno di una professionalità da chimico, da biologo o ingegniere per dosarli. Un cuoco è capacissimo: basta pesare. E' chiaro che un cliente potrebbe assumere lo stesso additivo in piatti diversi, anche in ristoranti diversi, ma qui la questione è analoga alla produzione industriale. Se un singolo prodotto può rispettare la dose giornaliera ammissibile nessuno dice al consumatore quanto può mangiare di questo o quel prodotto.
Quindi non ci sono rischi per la salute.
Quello di usare o meno degli additivi chimici è più una scelta filosofica che non scientifica. Nel senso che, una volta che sono state stabilite le dosi giornaliere, la scienza ha finito il suo compito. Non credo che il cuoco non sia in grado di pesare le dosi giornaliere. Se i politici pensano che non lo sia, basta che diano dei patentini, come ci sono le licenze per altri lavori. Voglio però specificare che non è automatico dire che gli additivi vengano utilizzati bene. Sono una scorciatoia molto facile per ottenere delle novità. E chi non li sa usare si concentra sulla tecnica senza guardare al risultato finale. Mentre Ferran Adrià, che li ha adoperati per primo, ne usa dosi minime, che non si sentono in bocca ma semmai enfatizzano i sapori. Chi li utilizza male e usa troppo additivo, lo usa in un contesto non corretto e ci propone piatti con molta tecnica e poco gusto. Quindi la critica all'uso degli additivi deve partire da qui, ed è una critica puramente gastronomica, che fa il cliente, alla fine.
Ecco, parliamo di gusto. Nella cucina molecolare, in una sferificazione o nelle arie ottenute con la lecitina, quanto conta la sorpresa della presentazione, il gioco delle consistenze, i contrasti termici e quanto il gusto? E' solo estetica e cervello o c'è anche palato e pancia?
Quando sono usati bene contano tutti e due. Quando uno mangia le portate di Adrià non pensa mai che l'aspetto prevalga sul gusto. Il gusto è intensissimo. Solo che se un cuoco non è bravo fa valere gli altri aspetti. Quando si vede la tecnica e non si sente il contenuto c'è qualcosa che non va.
Qual è la sua opinione su quest’anno di polemiche?
Questo pandemonio è scoppiato in questa forma soltanto in Italia. In Spagna la questione è stata sollevata, ricordo che il primo fu Santi Santamaria ad attaccare Ferran Adrià proprio sugli aspetti sintetici della sua cucina, ma si è risolta nel giro di un anno, nel senso che i cuochi spagnoli hanno fatto quadrato attorno a Ferran Adrià, tranne uno o due. Invece in Italia la vicenda si è amplificata, ma c'è stata una grande disinformazione.
E' impossibile che l'informazione sia svolta solo da una trasmissione satirica, che l'unica fonte, per la maggior parte delle persone, sia esclusivamente Striscia la Notizia. E' anche molto anomalo che sulla questione intervenga qualche politico basandosi sulle informazioni di Striscia la Notizia. E mi ha stupito l'atteggiamento dei cuochi, che all'inizio si sono attaccati gli uni con gli altri, poi si sono chiamati fuori e, nel momento in cui c'è stato l'annuncio dell'ordinanza, si sono spaventati e hanno fatto un passo indietro, quasi non fossero sicuri della cucina che stavano facendo. All'estero sono molto stupiti di quello che sta accadendo in Italia. E' stata una brutta storia: è venuto fuori il peggio di quello che abbiamo in Italia.
Non voglio criticare i cuochi, ma la mancanza di questo spirito unitario si è sentita.
Ha creato e dirige il Laboratorio di Gastronomia Scientifica, unica struttura nel suo genere in Italia, in cui si elaborano e sperimentano, scientificamente e gastronomicamente, nuove tecniche di cucina. Su cosa si stanno concentrando gli ultimi studi?
A parte l'azoto liquido – che è una costante portata sempre avanti – ultimamente ho fatto ricerche su consistenze diverse che si possono dare al miele attraverso lavorazioni fisiche, geomeccaniche e termiche. Poi stiamo studiando in modo approfondito i gel di amidi: come ottenere variazioni, consistenze particolari, fino a tessuti commestibili.
Per concludere…
Riflettendo sulla questione, dati causa e pretesto, quali sono le attuali conclusioni? E' solo una vicenda di cucina? O può essere presa a paradigma del Belpaese, rappresentare un ritratto dell'Italia odierna?
Concordiamo con Davide Cassi: è venuto fuori il peggio di quello che abbiamo in Italia.
Si è costruito un caso con un metodo di comunicazione televisiva assolutamente superficiale. Si è giocato sull'ignoranza (anche comprensibile, visto che nessuno informa) delle persone, confondendo verità e opinioni. Qualche politico ha utilizzato la polemica per farne demagogia. Dall'altra parte della barricata è emerso un grave difetto della cucina italiana. Ovvero, l'incapacità di fare squadra.
In politica, se la demagogia è un male connaturato e ineliminabile, almeno si dovrebbe evitare di portare confusione nelle norme e nelle leggi emanate. Dei cuochi, invece, stupisce che, di fronte a una politica che mette in dubbio la loro professionalità, non ci sia stata nessuna presa di posizione. E' mancato lo spirito di squadra, ma anche l'orgoglio per il proprio lavoro e la fiducia nella propria professionalità.
Infine, proprio per sentire ogni voce e cercare di fare chiarezza, avremmo voluto accogliere in queste pagine anche un'intervista a Max Laudadio, l'inviato di Striscia la Notizia che ha condotto i servizi dell'inchiesta “Fornelli Polemici”. Abbiamo contattato l'ufficio stampa della trasmissione che, gentilmente, ha risposto che per Striscia parlano esclusivamente i servizi mandati in onda, che Laudadio non avrebbe potuto commentare ulteriormente la vicenda e che comunque Striscia mette a disposizione di tutti – soprattutto di chi è competente in materia – i propri spazi. Non mettiamo in dubbio questa affermazione. Ci sembra però che questo punto di vista implichi una certa unilateralità dei rapporti: Striscia, infatti, accetta il confronto solo se avviene in casa sua, sul suo campo (la televisione e, specificamente, la loro trasmissione). Ma esistono anche altri mezzi di comunicazione, sui quali Striscia la Notizia (intesa come autori e inviati) potrebbe anche intervenire, se chiamata in causa. Un campionato regolare, infatti, prevede anche le trasferte.