Il Menu Engineering è materia che si occupa di aumentare gli incassi dei ristoranti utilizzando come unico strumento il menù. Lo si fa dapprima lavorando sulla parte analitica che riguarda il ristorante (i “numeri”!) e infine strutturando in maniera scientifica le descrizioni dei piatti che compongono il menù.
Proprio sulla base di come vengono solitamente descritti i piatti sui menù italiani, sono solito distinguere due tipologie di menù. Io le chiamo, scherzosamente, «La lista della spesa» e il «Creativone».
Entrambe queste soluzioni hanno delle peculiarità che li caratterizzano e li definiscono, che tra poco indicherò, ma sono particolarmente interessanti per le reazioni che suscitano nella clientela. Spesso, infatti, queste reazioni non sono quelle desiderate e le conseguenze si manifestano direttamente nell’incasso del ristorante, in maniera negativa.
Vediamole nel dettaglio.
1) MENU «La lista della spesa»
Il Menù «Lista della spesa» è sicuramente il più diffuso nei ristoranti italiani, ma e’ quello che – purtroppo – genera i danni maggiori.
Lo si riconosce facilmente proprio perchè non è un Menù, non lo sembra almeno, ma una vera e propria lista della spesa!
Con le descrizioni dei piatti scritte proprio come se le si dovessero acquistare dal proprio fornitore di fiducia, con gli ingredienti che compongono il piatto separati da una virgola.
Esempio pratico:
Pizza con il Crudo
Ingredienti: pomodoro, mozzarella, prosciutto crudo
Quando domando ai miei clienti perché abbiano deciso di utilizzare questo metodo per scrivere le descrizioni dei propri piatti, la risposta che mi viene data è assolutamente lecita: rigore.
Insomma, vogliono essere «rigorosi» e non lasciare nulla al caso. Però, purtroppo, la reazione che un cliente ha di fronte ad una descrizione del genere non è proprio delle migliori. Spesso, infatti, il cliente è annoiato da descrizioni del genere. Ma, in particolar modo, è la percezione della qualità che ne risente.
Infatti il peggior difetto di un menù «La lista della spesa» è sicuramente la mancanza di emozionalità nella descrizione stessa. Una descrizione fredda, apatica, che genera quindi una percezione di bassissima qualità degli ingredienti.
Risultato: il cliente non apprezza a fondo quanto ha nel piatto.
Magari il titolare usa anche un Prosciutto di Parma DOP stagionato 36 mesi, ma se non viene scritto, il cliente non può né saperlo, né apprezzarlo fino in fondo.
In questo caso sono solito ricordare ai miei amici ristoratori il primo comandamento del Menu Engineering: il cliente non è uno chef! Se vuoi che riconosca la differenza, gliela devi dire.
2) MENU «Creativone»
Il Menù «Creativone» si colloca agli antipodi rispetto a quello «Lista della spesa».
E’ raro trovarlo, ma è una fortuna che sia così, perché il pubblico non lo apprezza.
Lo si riconosce facilmente perchè non è un Menù, ma uno sproloquio di parole altisonanti incomprensibile ai più.
Per fare un esempio pratico, proviamo ad immaginare come potrebbe essere descritta la pizza con il prosciutto crudo dell’esempio precedente qualora finisse su un menù «Creativone».
Il sogno di un maialino che voleva diventare pizza
Con impasto integrale della casa e l’ingrediente segreto del nostro mastro pizzaiolo.
La reazione del cliente, di fronte ad una descrizione del genere, è di «smarrimento». Confusione.
Risultato: non si riesce bene a comprendere dove il pizzaiolo voglia andare a parare e si creano quindi delle aspettative sbagliate. E questo è l’aspetto peggiore del menù «Creativone», in quanto un cliente dalle aspettative non chiare risulta impossibile da soddisfare.
Qualsiasi manicaretto prelibato gli porteremo non combacerà comunque con le sue aspettative. E un cliente insoddisfatto risulta essere un grande problema, come ben sappiamo.
La soluzione al menù «La lista della spesa» e al menù «Creativone»: quella «Narrativa»!
In questo caso la soluzione che propongo è quella di creare un Menù chiaro, ben descritto e ben impaginato, che abbia indicato con precisione gli ingredienti che compongono i piatti, ma che allo stesso tempo non sia una banale «Lista della spesa».
E che abbia il chiaro obiettivo di incentivare le vendite dei piatti che desideri vendere (ma di questo parlerò nel prossimo numero su questa rivista). In particolare, la soluzione che reputo più funzionale ed efficace, è quella di raccontare delle storie! Narrare il piatto al cliente, in maniera coerente all’identità del tuo ristorante.
Al Prosciutto, ma come piace a me
Con la base di salsa di pomodoro fatta in casa, fiordilatte e (fuori dal forno!) Prosciutto Crudo 24 mesi tagliato a coltello, profumatissimo, che prendo da Franco, piccolo produttore locale.
Risultato?
Cliente non annoiato (perché “rapito” da una bella storia), che non solo comprende bene la composizione del piatto, i suoi ingredienti e la sua filosofia, ma capisce anche quanto sei appassionato al tuo lavoro e quanto ci tieni a dargli esclusivamente il meglio. Insomma, la descrizione del piatto diventa un pretesto per elencare minuziosamente gli ingredienti, ma soprattutto per raccontare la storia e la filosofia che caratterizzano il ristorante.