il mobbing e il rispetto della vita e del lavoro
In principio fu come vivere un sogno.
Anni di gavetta, di volontà e di passione, ingredienti che hanno fatto di te un professionista rispettato e stimato: un divertimento più che un vero lavoro per chi ama ciò che fa.
L’apprendere dai tuoi colleghi, la vivida curiosità, l’esperienza ed i percorsi formativi impegnativi ti hanno portato, finalmente, a raggiungere l’ambita posizione che tanto hai desiderato: quella di Direttore d’Albergo.
In principio fu come vivere un sogno: programmazione, analisi dei costi e dei ricavi, ampliamento dei segmenti di riferimento, pianificazione, e-commerce, relazioni sociali, marketing, creazione di un team motivato e vincente; sono alcune delle attività che finalmente metti i pratica, giorno dopo giorno con lo stesso amore con cui anni prima servivi un piatto al ristorante o preparavi un buffet colazioni.
Autorevolezza e condivisione degli obiettivi e nessuna forma d’autoritarismo.
Sei portato, in tale situazione, a pensare spontaneamente che altre persone, intorno a te, abbiano in comune la stessa passione, trasparenza, conoscenza, lo stesso sorriso che doni agli altri, la tua stessa capacità di ascolto. Ahimè, non è così, e da quel sogno ti risvegli bruscamente.
La realtà del nostro Paese è costituita al 90% da strutture alberghiere a conduzione familiare e molto spesso, troppo spesso, fattori e dinamiche all’interno del “clan” determinano l’operatività della struttura. Ecco, allora, come un sogno si trasforma in una farsa, in un incubo.
Elementi quali un’antipatia, una gelosia, una maldicenza, l’invidia sorrette dall’ignoranza, la forza cieca di chi sa solo usare il bastone e si alimenta con la presunzione di onnipotenza hanno il potere di logorare nel tempo una persona, i suoi ideali, il suo lavoro e la sua stessa dignità.
All’improvviso, tu che fino al giorno prima eri l’eroe, la persona giusta nel posto giusto, diventi il “cattivo” da emarginare, da allontanare, da vessare psicologicamente al punto da mettere i tuoi stessi colleghi con cui hai sempre ben lavorato contro di te, in una guerra senza senso e senza un vincitore.
La mattina ti alzi, ti guardi allo specchio e stenti a credere che ciò stia accadendo a te che da sempre hai guardato al tuo lavoro con la sana ingenuità, trasparenza ed onestà di un bambino.
La legge lo chiama mobbing, un animale subdolo, viscido che si annida e prolifica nell’infinita ignoranza della mente umana e che ha la capacità di entrarti dentro, di minare la tua persona, le tue convinzioni, la tua dignità. Il termine “mobbing” deriva dall’inglese “to mob” e significa assalire, soffocare, vessare. Nel linguaggio corrente, con il termine mobbing si indicano generalmente forme di vessazione, aggressione e di danneggiamento perpetrate nei confronti di lavoratori.
Nello specifico, la Corte di Cassazione ha recentemente stabilito che per mobbing si intende comunemente un comportamento del datore di lavoro che, con una condotta sistematica e protratta nel tempo, nutrita di reiterati comportamenti ostili, porta a forme di prevaricazione o di persecuzione psicologica nei confronti del lavoratore nell’ambiente di lavoro. Da ciò può conseguire la mortificazione morale e l’emarginazione del dipendente, con effetto lesivo del suo equilibrio fisiopsichico e del complesso della sua personalità (Corte di Cass., Sentenza n. 3875/09). Per le vittime del mobbing le conseguenze, pertanto, possono essere considerevoli. Si riscontrano sintomi a carico della salute psicofisica e psicosomatica: stress, depressione, calo dell’autostima, autobiasimo, fobie, disturbi del sonno, problemi digestivi.
Tra i perseguitati del mobbing sono frequenti anche disturbi da stress di tipo post-traumatico, simili ai sintomi che si manifestano dopo esperienze tragiche di diversa natura, disastri o aggressioni. Questi sintomi possono perdurare per anni dopo gli avvenimenti che li hanno generati.
Altre conseguenze possono essere l’isolamento sociale, l’insorgere di complicazioni familiari o finanziarie a causa della perdita del posto di lavoro. La legge parla, in merito, di risarcimento del danno esistenziale o biologico non patrimoniale, di demansionamento e bornout. Ma tutto questo a noi poco importa: quel sogno infranto, quegli occhi da bambino, quel sorriso spento non hanno un prezzo. Non è importante quante volte nella vita si può cadere, ma quante volte ci si rialza in piedi: ricordalo sempre! Il dolore è un momento di crescita, la stessa nascita è un momento di dolore, la sofferenza ti permette di scavare in te e ripartire più forte di prima.
Ti puoi sentire solo, senza un lavoro e allora guardati dentro nel tuo silenzio, e vali! Esci, pianta un seme, regala un sorriso, ascolta gli altri, ritroverai te stesso e la via che avevi smarrito. Nuove opportunità ti aspettano, nuove sfide, non smettere mai di credere nelle tue capacità e nella vita come dono di Dio.
Il rancore, allora, lascia pian piano spazio all’accettazione e alla voglia di rimettersi in gioco. Riprendi a sognare e riaccendi il tuo sguardo. Pirandello scrive: “…Perché una realtà non ci fu data e non c’è; ma dobbiamo farcela noi, se vogliamo essere; e non sarà mai una per sempre, ma di continuo e infinitamente mutabile…”. Mantieni, pertanto, viva e vitale la convinzione nelle tue capacità, fai valere con serenità i tuoi diritti e qualsiasi situazione di abuso e maldicenza, per quanto ti possa ferire, avvilire, abbattere, non sarà mai tale per sempre. Alzati e riprendi il tuo cammino, vivi l’abbandono come opportunità di nuove esperienze, di conoscenza, di ricerca.
Situazioni di mobbing celano spesso improvvisazione ed ignoranza in chi le attua. Di fondo vi è l’insicurezza che porta a cambiare di continuo, senza una meta, senza coerenza, considerando le persone alla stregua di oggetti che tanto sono utili, indispensabili al momento dell’acquisto quanto poi inutili, dimenticati, abbandonati, buttati via da chi troppo ha e nulla è. Fintanto ché non sarà radicata in noi la ferma consapevolezza che l’essere umano, motore della nostra Azienda, viene prima di ogni cosa, prima del professionista e che dalla condivisione, dalla crescita, dalla positività derivano i risultati che durano nel tempo, navigheremo senza rotta, senza meta e nessun vento ci sarà favorevole.
Non è facile parlare di mobbing con gli altri, con i famigliari e con i colleghi. Questi ultimi, sovente, hanno paura del mobber e per non incorrere essi stessi in ritorsioni si ritrovano ad essere la mano stessa del carnefice. Ecco, allora, che persone che ti erano amiche, con cui magari uscivi ogni tanto per una pizza in compagnia, all’improvviso cambiano faccia e ti scrutano con sospetto e diffidenza, puntando il dito e sparlando ad ogni minima occasione. C’è chi è “cattivo” dentro e chi lo sa diventare.
Cari colleghi che in giro per il mondo vi state comportando così, non rimanete intrappolati in meccanismi che infine vi si ritorceranno contro: “Chi desidera procurare il bene altrui ha già assicurato il proprio”, (Confucio).
Ai familiari dico: state vicino ai vostri cari e sorridete. Un sorriso può essere più forte di mille parole!