Suona come un ossimoro, Trattoria Moderna, per chi coniuga la tradizione popolare solo al tempo passato. Ma più che un nome sull’insegna, identifica la sfida stessa di Riccardo Serni, cuoco partito autodidatta e finito nerd, toscano fin nel midollo delle sue carni DOP. Da trattore moderno ha iniziato a formarsi a casa, in una famiglia di contadini dove ha fatto amicizia col prodotto, senza mai varcare la soglia dell’alberghiero. Ma gli zii mandavano avanti ristoranti estivi a conduzione familiare ed è stato lì che ha mosso i primi mestoli in qualche stagione. “Finché a 28 anni non ho deciso di farne un lavoro e ho intrapreso un percorso fra diversi locali”, racconta. “Il mio maestro si chiama Luca Landi: l’ho affiancato per tre stagioni, al Green Park, dove ho dimenticato cosa fosse la cucina tradizionale toscana, che conoscevo a menadito, per approcciarla diversamente e per riuscire a sgrossarla. Luca era appena rientrato da elBulli ed era in pieno fermento avanguardista, ma sempre reverente verso istituzioni gastronomiche quali l’Enoteca Pinchiorri e Angelo Paracucchi, punto di riferimento per la pasta. Ed è quello che cerco di fare anch’io: rispettare la tradizione con uno spirito innovativo”.
Dopo qualche anno trascorso in un ristorante proprio, poi chiuso, quale chef privato e in pausa sabbatica, è nato il progetto di una “trattoria moderna” con bancone, raccolto da Luca Leonardi. L’apertura è caduta il 10 maggio 2017, in un locale recente sul Lungarno di Firenze, con bar e bancone per le finiture a vista. L’obiettivo è riscoprire i sapori di sempre, valorizzati da un servizio diverso e da metodiche up-to-date. “Mi piace lavorare con pochi ingredienti di qualità, per sottrazione, usando tecniche non invasive, capaci di esaltare la materia. Può trattarsi di padella o sottovuoto, ma c’è anche il forno a legna per le pizze, che ho riconvertito alla cucina. Me ne servo per il cacciucco, gli ortaggi cotti sotto la cenere e alcune carni alla brace; uso legna non trattata, faggio o altro secondo il periodo, più aromi come salvia, rosmarino, scorza d’arancia. L’alimento vi compie un passaggio breve, cosicché resta quasi crudo, ma acquista una nitida nota fumé”.
Può trattarsi delle verdure del Mugello, delle carni di Simone Fracassi o Sergio Falaschi, del pesce di Livorno e San Vincenzo. Mentre le uova sono quelle di Paolo Parisi e i piccioni viaggiano ben poco, spiumati e tosto recapitati. La cantina segue con 400 etichette aggiornate mensilmente, in gran parte artigianali e toscane, più una spruzzata di Francia. Se ne occupa Tommaso Gabbrielli, che confeziona percorsi di abbinamento su richiesta, ma ha sempre in serbo una decina di calici.
La carta conta 5 antipasti, altrettanti primi, 6 secondi e 7 dessert, sul crinale fra mari e monti; più 8 piatti del giorno a 15 euro ciascuno, 25 in coppia, a pranzo e un percorso da 4 portate a 36 euro di sera. L’icona sono le penne al pomodoro, sul filo della provocazione in una città gastronomicamente devastata dai menu turistici. “Sempre quel sugo acido, sempre quella consistenza scotta. Quando la pasta al pomodoro siamo noi, che ci siamo cresciuti ogni giorno. Ricordo il rito agostano, quando in casa mia i pomodori venivano bolliti e messi nella arbanelle. La loro pasta erano le penne, mentre gli spaghetti andavano d’estate sciuè sciuè, col pomodoro fresco”. La nobilitazione passa da una cuvée non di pomodori, ma di San Marzano, due di Napoli e uno di Donoratico, per il giusto mix di dolcezza, acidità, mineralità, e da un servizio guantato, con mantecatura e impiattamento al guéridon, coronato dalla nevicata di Parmigiano.
Toscana è innanzitutto cacciucco, interpretato da Serni in chiave destrutturata e servito come antipasto espresso. Ci sono 5 pesci di fondale e da lisca cotti separatamente per il fondo tradizionale al vino rosso e pomodoro, gelatinoso senza addensanti e liscissimo; il pane a lievitazione naturale della casa passato sulla brace; una rosa di pesci variabile, per esempio triglie di scoglio appena infornate, mazzancolle o gamberoni alla griglia, baccalà mantecato fritto in crocchetta, seppie in oliocottura e polpo in tempura per variare le consistenze. Con la salsa nel bicchierino, versata al tavolo.
Fra i secondi risalta il piccione con le castagne e le cipolle cotte sotto la cenere e caramellate, il radicchio del Mugello e la salsa al Vinsanto; soprattutto il bollito alla griglia, reale lesso rifinito in forma cubica, iniettato sulle braci del fondo delle sue ossa e servito con sedano rapa e maionese all’acciuga. Ancora il gusto dell’ossimoro, da un’idea sviluppata con Simone Fracassi, fornitore di vitellone bianco dell’Appennino centrale.
Il dessert torna all’understatement: si tratta di pane con mousse di cioccolato Valrhona densa come una spalmabile, olio toscano e sale di Cervia, per l’amarcord della schiacciata alla Nutella dell’infanzia. Ma c’è altro pane per chi ha il dente dolce. Per esempio la mousse di pistacchi con biscotto all’alchermes, fave di cacao e ananas caramellato, sulla falsariga di un signature di Luciano Zazzeri. “Ho lavorato da lui e tuttora ne vado ghiottissimo. Mi disse una volta che l’abbinamento del pistacchio con l’alchermes gli era stato suggerito da un carcerato di Volterra, una storia che mi ha colpito, al punto che ho voluto omaggiarlo. Come ho fatto anche con Pierangelini e la sua passatina di ceci con i gamberi”.
TRATTORIA MODERNA
Lungarno del Tempio, 52
50121 Firenze
Tel. 055 234 3693
www.trattoria-moderna.it