Dove la storia convive convive una nuova dimensione contemporanea.
Può essere importante, ma nel tempo anche in parte controproducente, legare la notorietà di un ristorante al nome di qualcuno dei suoi ospiti più straordinari. Si trattasse pure di Hemingway.
E’ questo il caso della Locanda Cipriani, nella minuscola isola veneziana di Torcello, il cui nome è annodato a triplo filo con quello del famoso scrittore statunitense che proprio in quelle stanze e nei momenti forse più felici del suo matrimonio con Mary, iniziò la stesura del romanzo “Di là dal fiume e tra gli alberi”.
E’ pacifico il fatto che frotte di stranieri abbiano risposto al richiamo romantico di questo retaggio storico per dormire nello stesso letto (la piccola locanda di sole 4 camere è rimasta la stessa perfino negli arredi e quindi la cosa è materialmente possibile) e mangiare nello stesso giardino che ospitò non solo Hemingway prima e dopo il suo Nobel per la letteratura, ma via via anche la Callas, Arturo Toscanini, Igor Stravinsky, Charlie Chaplin, Walter Matthau o Winston Churchill, tanto per limitarsi a solo alcuni dei grandi personaggi che hanno scelto di soggiornare qui.
Eppure, malgrado noi stessi siamo stati prima attirati dalla curiosità di vedere i luoghi che hanno incantato e ancora attirano i grandi del mondo, e poi conquistati da ambienti che non hanno minimamente ceduto alla lusinga delle mode, mantenendo inalterato il proprio glorioso e seducente aspetto vissuto sospeso nel tempo, eppure, ecco, pensiamo che presente e futuro della Locanda non possano vivere di sola subordinazione a cotanta storia pregressa. Oggi infatti il ristorante mantiene e rafforza una propria specifica identità che, ovviamente, non prescinde dai valori del proprio passato, ma li implementa ora anche grazie all’entusiasmo e alla professionalità di un giovane cuoco: Cristian Angiolin.
A lui il compito di filtrare un percorso storico rilevante e di gestirlo in equilibrio con le nuove tecniche di cucina, le diverse sensibilità del pubblico, il fisiologico rinnovamento che ogni ristorante deve saper affrontare.
Traghettatore – qui è il caso di dirlo – da un’epoca all’altra è, insieme allo chef, chi ha raccolto il testimone e un compito estremamente impegnativo dalla madre Carla Cipriani, figlia a sua volta di quel Giuseppe Cipriani che, dopo aver fondato il celebre “Harry’s Bar” vicino a Piazza San Marco, rilevò una piccola rivendita di olio e vini nei pressi di un suggestivo piccolo ponte in pietra sull’isoletta di Torcello trasformandola in locanda con uso di cucina.
Bonifacio Brass (sì, suo padre è proprio “quel” famoso regista) ritiene necessario mantenere alcuni piatti classici che la gente pretende di trovare: il risotto alle primizie degli orti dell’estuario alla maniera di Torcello; il filetto di San Pietro alla Carlina; il carpaccio di girello di manzo con salsa Cipriani… Accanto a questi, le nuove proposte accuratamente testate ed elaborate, i piatti con i prodotti stagionali – come la fantastica frittura di “moeche” con fiori di zucca, possibile solo quando questo crostaceo ha la corazza morbida dovuta alla muta che avviene due volte l’anno – e un carpaccio di volpina che vale il viaggio. Lo chef ci spiega che questo tipo di cefalo è quello più saporito; lui lo affumica personalmente con segatura di legno d’alloro del giardino e questo trattamento dona alle carni un’eleganza ineffabile.
Le difficoltà dell’isolamento che hanno portato da 300 a circa una decina gli abitanti di Torcello, dimostrano efficacemente quanto meritoria sia l’opera di chef e ristoratori capaci di attirare l’attenzione, mediante il proprio lavoro, anche sulle realtà più decentrate.
Oggi infatti non basta neanche la Cattedrale di Santa Maria Assunta con i suoi splendidi mosaici e le colonne in marmo greco, né il verde dell’isola, né la suggestione dei suoi canali o l’esclusività del piccolo borgo a mantenere in vita Torcello grazie all’afflusso turistico.
E’ senz’altro merito di personaggi come Bonifacio Brass – che crede fermamente nei valori intrinseci di questo piccolo territorio – che la memoria rivive e si perpetua.
Basta guardare le foto di queste pagine, che lui stesso ha scattato con quella vena artistica “di famiglia”, per avvertire la forza di un impegno che non viene mai meno e un orgoglio pienamente giustificato.