“Scrivilo! Le donne sono troppo intelligenti per stare in cucina! Hanno certamente troppe cose migliori da fare invece di consacrare il proprio tempo a rendere felice la gente…”.
Isa Mazzocchi abbandona il suo naturale aplombe quando affronta l’annoso tema. Le ragioni sono piuttosto evidenti: è troppo intelligente lei stessa per tollerare l’aura di invisibilità che circonda l’essere chef-donna in Italia, un oggetto ancora misterioso e guardato con sospetto. Al di là delle inutili categorie che sono state spesso inventate per cercare una linea di demarcazione tra i caratteri della cucina maschile e quella femminile (l’una più razionale, l’altra più emotiva, come se non fosse già stata smentita abbastanza la favola dei due emisferi cerebrali), una cosa è certa: Donna è Vita, nel senso più primordiale dell’accezione. E Isa lascia il segno della Vita su tutte le sue creazioni, apponendo all’estremità di ogni piatto una goccia di latte, simbolo del primo nutrimento, quello da cui tutto ha origine. La sua, non può quindi che essere una cucina vitale, istintiva ed esplosiva, manierata dall’affinamento nella tradizione transalpina maturato durante l’apprendistato da Georges Cogny, il più piacentino tra i francesi.
Isa Mazzocchi è la regina de “La Palta”, l’ex appalto dei Tabacchi di Bilegno, minuscola frazione della Valtidone, un luogo sperduto eppure magico nella sua invisibilità. Un piccolo borgo, poche case, fuori i prati, qualche rudere da archeologia agricola, e il paesaggio fluviale con i suoi fagiani e le lepri che attraversano la strada di tanto in tanto. In questo luogo dove ogni coordinata spazio-temporale è priva di ogni significato, Isa e il marito Roberto Gazzola – sommelier di classe eccelsa – hanno trasformato i vecchi locali di famiglia in un ristorante prezioso, con ampie vetrate sul paesaggio padano e lo sguardo vigile della mamma di Isa, che ogni tanto si concede una partita a carte nell’anticamera, come nelle fotografie del Dopoguerra. Il quadro di famiglia è suggellato da una mano delicatissima e volitiva, impreziosita dalle influenze del già citato maestro franco-piacentino. Però, guai a dirle che la sua è una cucina francofila. Dalla scuola transalpina ha importato le tecniche, e molti ingredienti: lumache, piccione, foie-gras. Tuttavia, l’utilizzo di materie prime locali è imprescindibile, connaturato alla nascita in un territorio ancestrale come la goccia di latte sul piatto.
“Non posso negare l’influenza decisiva di Cogny sulla mia cucina attuale. Però ci tengo a sottolineare che noi italiani abbiamo una memoria storica molto più ampia rispetto a quella dei francesi”.
Quando Isa parla di “memoria storica” non si riferisce solo al localismo della tradizione, ma anche all’utilizzo della materia prima, spesso non codificato sul scala nazionale come in Francia. Per questa ragione, la sua è una sintesi riuscita di tecnica francese classica e valorizzazione dell’ingrediente locale, un “glocal” che batte doppio tricolore, italiano e transalpino. Impreziosito, peraltro, dalla stella Michelin ottenuta nel 2012, che sembra non essere l’ultimo traguardo, visti i risultati raggiunti in cucina.
LA PALTA
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