Buenos Aires è stata eletta Capitale Iberoamericana della Cultura Gastronomica per il 2017.
Mangiare a Buenos Aires è una delle esperienze più semplici e, al tempo stesso, una delle più difficili. La ragione sta nel fatto che l’offerta risulta praticamente infinita e nella maggior parte dei ristoranti – da quelli a cinque stelle fino alle piccole trattorie di quartiere – il cibo è in tutti i casi di buona qualità. D’altra parte però, scegliere un ristorante implica, per sua natura, scartarne molti altri. Come Capitale Latinoamericana della Cultura Gastronomica per il 2017, la principale città argentina ha davvero molto da offrire. Proveremo in questo nostro breve e, ovviamente, incompleto percorso, a descrivere la maggior parte del suo ampio spettro culinario.
Una cucina carnivora
La prima domanda che ogni potenziale cliente deve porsi prima di scegliere un ristorante a Buenos Aires riguarda il tipo di cibo che intende portare alla bocca. E’ probabile che la risposta, almeno nella maggior parte dei casi, sia “carne”. Le specialità bovine in Argentina sono di prima qualità e si possono degustare sia nei locali di alto livello, come La Brigada (foto in basso) (Estados Unidos 465), a San Telmo, sia in piccoli locali che a malapena dispongono di una griglia (“asador”) e di pochi tavoli, come ad esempio Parrilla 1880, che si trova vicino al precedente locale (Defensa 1665, San Telmo), ma senza dimenticare locali a gestione familiare come quelli proposti da La Cabrera (foto in basso nella pagina accanto) (Cabrera 5099 o Cabrera 5127, a Palermo) oppure La Dorita (Arce 901, Belgrano; Bulnes 2593, Barrio Norte; Pierina Dalessi 1202, Puerto Madero; Humboldt 1892, Palermo). Cosa conviene ordinare? Innanzitutto, delle frattaglie: le animelle sono di solito insuperabili, indipendentemente da dove la si ordinino e le trippe, se si preferiscono ben croccanti, non sono da meno. Tra i tagli tradizionali, vale la pena provare almeno una vola uno di questi: l’asado de tira (una lunga fetta di manzo non molto alta ricavata dalla parte bassa della costata, ndt), il vacío (un pezzo grande di seconda scelta del sottopancia, ndt), l’ojo de bife (o rib eye, un taglio del muscolo dorsale con un occhio centrale di grasso, ndt) e il bife de chorizo, (controfiletto, ndt).
La città è piena di “parrillas” o ristoranti che servono carne alla griglia. Può essere che alcune generino sospetti perchè sono locali con poca illuminazione, con tavoli dalle tovaglie di colori tutti diversi o con le posate spaiate. Tuttavia la maggior parte di questi locali sa bene come offrire al meglio i suoi prodotti. Un’esperienza gastronomica sempre collegata alla carne a prezzo modico, porta a di dirigersi nela zona della Costanera Sur, per entrare in uno qualsiasi dei numerosi chioschi che si trovano vicino alla sponda e ordinare un choripán (sandwich di chorizo) o un bondiopán (sandwich con un pezzo di bondola di maiale).
Lo spirito italiano
Anche gli amanti della pasta e della pizza hanno a disposizione un ventaglio di possibilità per soddisfare i loro appetiti. Di fatto il primo e più grande aflusso di immigrati che la Buenos Aires del XX° secolo ha ricevuto, è stato quello italiano e molti dei nuovi arrivati sono giunti a queste terre portando con sé i sapori dei loro Paesi d’origine.
Per quanti vogliano allontanarsi circa 80km da Buenos Aires, sarà possibile arrivare a degustare le migliori fettuccine alla carbonara mai viste; si servono presso Italpast, Dellepiane 1050, nella località di Campana. Sono da evidenziare inoltre le proposte dello chef Donato De Santis (foto in alto) nella sua Cucina Paradiso (Arévalo 1538, Palermo) e Salgado Alimentos (Juan Ramírez de Velazco 401): un locale minimalista nelle vicinanze di Villa Crespo, un quartiere che non appare solitamente nei circuiti turistici, ma dove si preparano ravioli ripieni di “batata” (patata dolce), semplicemente perfetti. A La Boca – il quartiere del porto famoso per essere stato il primo approdo degli immigranti – sopravvive ancor oggi uno dei più grandi ristoranti di pasta della città: Il Matterello (Martín Rodríguez 547), che da alcuni mesi ha aperto anche un secondo locale nella zona più turistica di Palermo (Thames 1490). Nelle pizzerie è possibile richiedere come accompagnamento un vino dolce e leggero, denominato moscato e un tipo di focaccia originaria della città di Genova che si prepara con la farina di ceci e che tutti a queste latitudini dell’emisfero chiamano “fainá”. In questa categoria di locali segnaliamo El Cuartito (Talcahuano 937), Las Cuartetas (foto in basso) (Corrientes 838), Güerrín (Corrientes 1368), tutti ubicati nel centro, e inoltre Angelín (Córdoba 5270, Villa Crespo) o qualsiasi locale della catena Kentucky.
Il tocco d’autore
Negli ultimi anni, l’Argentina è diventata un Paese di grandi chef. E’ il caso ad esempio di Mauro Colagreco (foto in basso): nato nel 1975 a Buenos Aires e formatosi nelle migliori scuole alberghiere e di gastronomia di Francia, ha fatto incetta di ogni tipo di premio fin dal suo primo ristorante Mirazur, aperto a Mentone, in Francia nel 2006. Questo ristorante occupa la quarta posizione della classifica stilata per il 2017 in The World’s 50 Best Restaurantes. Nelle vicinanze di Buenos Aires Colagreco ha aperto due locali di “Carne”, proprio con l’idea di prepare degli hamburger con i migliori ingredienti possibili. Il risultato è qualcosa assimilabile al cibo da fast food ma con uno stile gourmet. Per arrivare alla Carne bisogna spostarsi almeno 50 km a sud di Buenos Aires (Calle 50 número 452, La Plata) oppure circa due km verso nord (Libertador 2417, Olivos).
Se muoversi non risulta un ostacolo, vale la pena fare circa 30km in direzione nord verso la località di Tigre e visitare la proposta gastronomica di Juliana López May (foto sotto), altra famosa chef del luogo: Boulevard Saenz Peña (Boulevard Saenz Peña 1400, Tigre), dove si mescolano gli oggetti decorativi che sono in vendita nel locale (chiunque può comprare la sedia dove si è seduto o il piatto dove ha mangiato) con i piatti fatti in casa da mani artigianali.
Chila (Alicia Moreau de Justo 1160), della pluridecorata chef Soledad Nardelli , si trova a Puerto Madero, uno dei punti gastronomici più vigorosi di Buenos Aires. Tutti i sensi vengono qui soddisfatti (il volume della musica perfetto, l’illuminazione al punto giusto, le vetrate che danno sul fiume e che offrono bellissimi scenari, sia di giorno che di notte), l’ambiente è ideale e viene completato da un’iniziativa non molto usuale in Argentina: la cucina è a vista. Ogni piatto sempra essere preparato specialmente per quell’istante e con le richieste specifiche che il cliente richiede in quello specifico momento.
Dal canto suo, Germán Maritegui (sotto), considerato il miglior chef argentino dalla prestigiosa rivista Restaurante, propone nel suo locale Tegui (Costa Rica 5852, Palermo) ricette a base di prodotti naturali, freschi, di stagione e semplicemente perfetti. Il locale manca di appeal esterno, una caratteristica che ha finito col diventare molto comune nella capitale Argentina, e che fino all’arrivo di Germán nessuno aveva adottato. Ossia, la facciata esterna del ristorante passa inavvertita come l’esterno di una qualsiasi casa del vicinato. All’interno tuttavia regna il minimalismo. Questo aspetto ha un obiettivo ben preciso: inizialmente si voleva infatti che il locale venisse visitato solamente dagli amici, ma ora è necessario prenotare con molto anticipo se ci si vuole assicurare un tavolo.
Il più economico, il più caro
Un’altra caratteristica della gastronomia di Buenos Aires è la sua qualità democratica: si mangia altrettanto bene sia nei locali di alto livello, che nei cosiddetti “bodegones”. Tra i primi, imperdibile l’Oviedo (Beruti 2602, Barrio Norte), da dove non si può uscire senza aver ordinato una tortilla española; Duhau Restaurante & Vinoteca (Av. Alvear 1661, Recoleta), uno spazio gastronomico dell’hotel Hyatt della città; Elena (Posadas 1086, Recoleta), la fantastica proposta culinaria dell’hotel Four Seasons; o La Bourgogne (Ayacucho 2023, Recoleta), l’emblematico ristorante simbolo del lusso, presso l’hotel Alvear. Da tutt’altro lato del portafoglio si trovano i “bodegones”: locali ampi e rumorosi, con menù lunghissimi per la cui lettura servono svariati minuti prima di decidere il piatto da ordinare (e ciò implica, come dicevamo all’inizio, che si lasciano fuori tutti gli altri) e con camerieri di lungo corso che riescono a memorizzare, senza sbagliare né un dettaglio né un’annotazione, gli ordini di una tavolata di venti persone. Dalla paella del Gijón (Chile 1402, Montserrat) fino alla tira de asado lunga un metro (né più né meno) de El Puentecito (Vieytes 1895, Barracas); dagli antipasti da antologia de Lo de Jesús (Gurruchaga 1406, Palermo) fino a qualsiasi piatto che esca dalla griglia de El Obrero (Agustín Caffarena 64, La Boca); dalle salsicce con i crauti (chucrut) del Bar Alemán (Av. San Martín 5992, Villa Devoto) fino alle interminabili portate di carne alla griglia de El Ferroviario (Reservistas Argentinos 219, Liniers). Per concludere, quando si tratta di organizzare un percorso gastronomico per Buenos Aires, il visitatore si troverà di fronte a due condizioni inevitabili, una negativa e l’altra positiva: quella negativa sarà che avrà avuto la sensazione di essersene andato dalla città senza aver vistato alcuni ristoranti imperdibili. Quella positiva, che avrà sicuramente la pancia piena e un sorriso ben stampato sulla faccia.