Una cucina attuale e di pregio
Sulla sommità del Colle Tegazzo (m. 650 s.l.m.), l’imponente costruzione dominante la verde Valsugana, fu trasformata nel XII° secolo da fortezza in castello. Già residenza di feudatari, principi, religiosi, fu poi venduto nel 1956 agli attuali proprietari che da allora lo adibiscono a albergo di charme. Le leggende si snodano attorno all Prigione della Goccia, alla Torre di Guardia, alla Torre Grande, a quella Rotonda, a quella della Madonna, alla Torre Quadra fino alla Mediana, al Torrione d’Angolo, separati dal Palazzo Baronale dal prato della rocca che racchiudono imprevedibili e affascinanti ambienti: la Sala dei Cavalieri, la Sala Nera, la Sala del Caminetto ed anche la raccolta Cappella di Sant’ Andrea (foto 1), segnata un po’ dalla polvere del tempo.
In cotanto ambiente ci aspettavamo una cucina di campagna. La sorpresa è stata quindi doppiamente piacevole quando, nella Sala Nera Rinascimentale, in un angolino con finestra e superba stube in ceramica, abbiamo scorso la carta cibi con un menu del giorno, un menù della zucca, quello della castagna ed infine il menu trentino. Volendo moderarci, ma ripromettendoci un altro passaggio, abbiamo scelto: Vellutata di zucca con raviolini alla farina di carrube con gamberi rossi pugliesi ed olio extravergine alla vaniglia; Morbidelle di semola al tartufo con uovo dorato in crosta di mais e spuma di castagna; Stinchetto posteriore di agnello marinato cotto a bassa temperatura sottovuoto con insalatina di cappuccio bianco allo speck e mezzelune di semolino gratinate, per finire con lo Strudel di pasta sfoglia con fichi noci e semi di papavero con salsa vaniglia al sentore di sambuco. Scelta difficile rispetto alle tentazioni della fornita e conveniente carta vini.
Il tutto in un ambiente a lume di candela che, nonostante i molti coperti, resta raccolto e romantico, ma di suo, senza forzature, anche grazie ad un servizio ben presente quando serve che si eclissa quando deve. Ovviamente il ristorante è citato sulle migliori guide nazionali, ma un po’ sacrificato rispetto a quanto meriterebbe. L’albergo, una stella sottolineata con orgogliosa civetteria, con perenni lavori di sistemazione funzionale (che non disturbano il soggiorno), ha camere con rustici baldacchini in legno, piumini, letti comodi, piccole finestre che, diradandosi le “misteriose” nebbie serali, aprono su un panorama notturno da cartolina e, la mattina, a scorci sulle Alpi innevate, da incanto.
Verena e Theo (foto 2), già professionisti svizzeri, una ventina di anni orsono lasciarono gli affanni degli affari per accasarsi qui, in un ritiro a perfetta dimensione d’uomo fatta di amorevoli restauri del maniero e accoglienza premurosa. Tra le loro settimane tematiche dedicate ai prodotti, la settimana dei piccoli frutti in giugno, quella della mela in settembre, quella della zucca in ottobre e quella di novembre dedicata alla castagna. Accasarsi qui, in una delle ventun camere una diversa dall’altra? Sì, se se ne apprezza la loro sobrietà, se si cerca l’ essenza del vivere in pace, in un tutt’uno con la storia e la natura del luogo.