Non mi sono appassionata all’annuncio su base planetaria della “non” chiusura del Noma: fin da subito ho pensato a un’abile operazione di marketing per camuffare da sensazionale notizia un normale e più conveniente cambio di rotta del format.
Perché diciamolo: se uno ha problemi di sostenibilità economica – come dichiarato – e quindi ogni mese aumenta i propri debiti, si mette subito ai ripari chiudendo il prima possibile e non dopo due anni. Sarebbe come sapere di avere una carie dolorosa, ma decidere di curarla due anni dopo.
Dunque il lasso di tempo che si è concesso, potrebbe servire a Redzepi non solo per rispettare impegni pregressi, ma anche per far cassa con quanti, temendo l’esclusione da quelle tavole mediatiche, si affretteranno a prenotare e a spendere.
Quindi per noi il motivo di interesse non sta nella notizia riportata da tutti i media del mondo, tant’è che nelle prossime pagine parliamo del Noma semplicemente raccontandone i fisiologici sviluppi, senza particolare enfasi narrativa.
Leggermente più pregnante, invece, il dibattito che si è acceso sull’effettiva sopravvivenza economica dei locali di alto livello, che comunque in Italia rappresentano lo 0,1% del totale dei ristoranti e lo 0,30% del fatturato annuo complessivo del settore.
Dunque, a livello numerico, di cosa stiamo parlando?
In soldoni, di poco; in termini di visibilità, invece, di tanto, perché si tratta di coloro che fanno notizia, tendenza, emulazione.
Pertanto più che parlare di crisi del modello ristorativo stellato, sarebbe bene parlare di crisi del modello Noma (o nordico) in particolare, e solo a latere della salute del nostro modello di haute cuisine, analizzandolo caso per caso perché, se c’è chi ha seri problemi economici (e chiude il prima possibile), c’è chi, anche se a fatica, cerca di far quadrare i bilanci.
A fronte di alcuni casi estremi, persino di suicidi dovuti a tracolli economici, alcune realtà, come l’indimenticabile Trigabolo, hanno chiuso ai primi venti di crisi, non certo dopo due anni.
In sintesi, siamo un po’ allergici alla comunicazione basata su sensazionalismi quotidiani spesso costruiti sul nulla: servono solo ad alimentare il fastidioso chiacchiericcio web di chi commenta e pontifica su tutto pur di ritagliarsi una sussidiaria visibilità personale all’ombra dei famosi.
[Editoriale del numero di gennaio-febbraio 2023 de La Madia Travelfood. Leggilo online oppure abbonati alla rivista cartacea!]