Sono sconcertata per come il vino stia dando alla testa a molti. E a molte tasche. Con la presentazione ufficiale di “Enoteca d’Italia” al Salone del vino, si è conclusa la prima tappa della lunga marcia intrapresa dall’Enoteca del Piemonte, che da tempo sta lavorando per creare, sotto la propria giurisdizione, un polo nazionale per il coordinamento delle enoteche pubbliche italiane (e, in prospettiva, europee). Fin dal principio è parso a molti che questo progetto andasse inevitabilmente a confliggere con un’istituzione già esistente (da ben 70 anni!) come l'”Ente Vini – Enoteca Italiana” di Siena, anch’esso detentore di non pochi titoli per rivendicare un ruolo guida. E’ apparso chiaro soprattutto ai toscani, che subito si sono mossi per prevenire quello che da loro veniva (e viene) definito uno scippo. Risale a più di due anni fa un’interrogazione parlamentare, presentata da un gruppo di deputati toscani, che così recitava: “…Si sta sviluppando una campagna incomprensibile e contraddittoria da parte di esponenti dell’Enoteca Piemonte, che troverebbe sponde sensibili nel Ministero delle Politiche Agricole, volta a sminuire, denigrare l’efficienza e l’efficacia dell’Ente Vini – Enoteca Italiana con lo scopo dichiarato di proporne il superamento e il trasferimento della sede in Piemonte”. Si chiedeva quindi al Ministro competente di fare subito chiarezza, per prevenire l’apertura di un contenzioso deleterio e “di farsi promotore di una rapida iniziativa di confronto nelle giuste sedi istituzionali”. Al di là dei toni forti e dell’esplicita presa di posizione a favore di una delle parti in causa, l’interrogazione conteneva comunque un elemento da tutti condivisibile: la richiesta di un intervento del Ministro per bloccare sul nascere una situazione conflittuale dagli effetti potenzialmente devastanti. Perchè una cosa è la libera concorrenza sul mercato tra privati, una cosa è una lotta intestina tra enti pubblici: in tal caso, se si fanno danni, paga il contribuente. Da allora ad oggi (almeno fino al momento in cui scriviamo queste righe) non ci risulta che chi di dovere abbia fatto nulla per arginare questa pericolosa deriva. Il Palazzo temporeggia, aspetta gli eventi, lascia che i soggetti si muovano per poi intervenire a cose fatte, istituzionalizzando l’esistente. Si è lasciato che il “progetto Piemonte” andasse avanti, crescesse e si rafforzasse, cercando (e trovando) molti appoggi politici e istituzionali, e potendo già contare su cospicue sovvenzioni (si parla di 20 milioni di euro). Oggi che “Enoteca d’Italia” è una solida realtà, il Ministro in carica promette di “correre ai ripari”, di mettere tutti intorno a un tavolo, i vecchi e i nuovi soggetti, per ripartire competenze, sfere di influenza e (soprattutto) fondi. Ma non sarà facile. Si intrecciano interessi regionali (Piemonte contro Toscana) e interessi politici generali (Enoteca del Piemonte più “simpatica” a Berlusconi, pare), complicati dalla necessità di gestire al contempo una rete di rapporti intricatissima, con decine di enti, agenzie, associazioni di ogni ordine e grado, già esistenti e operanti a vario titolo, tutti da accontentare, in qualche modo. In attesa che per il mondo del vino venga scritta una sorta di “manuale Cencelli”, mitica e mai tramontata guida della spartizione clientelare, come semplici cittadini non possiamo che berci sopra.