L’eterogenesi dei fini è un principio formulato da Wundt – psicologo e filosofo tedesco – secondo il quale le azioni umane possono produrre a scopi diversi da quelli che sono perseguiti dal soggetto che compie l’azione; in particolare, ciò avverrebbe per l’insieme delle conseguenze e degli effetti successivi dell’agire, che in qualche modo modificherebbe gli intenti originari, o farebbe nascere nuove motivazioni, appunto di carattere non intenzionale.
Ovvero sintetizzando conseguenze non intenzionali di azioni intenzionali.
Nel mondo del vino questo capita sovente.
Tale principio, spesso, genera problemi di comunicazione non indifferenti nel nostro settore.
La comunicazione all’interno dello spazio vino in Italia è ancora da codificare.
Ci affidiamo a chi ci piace di più, a chi in fondo è più simpatico di altri e, a volte, nostro amico o conoscente; un opinion leader, un degustatore, una guida, un movimento, un’associazione.
Ciò a sua volta genera un processo contaminato dal passaparola che, come spesso accade, è travisato, storpiato e replicato in maniera errata.
Ancora oggi la trasmissione orale è il principale sistema di comunicazione di questo settore. È un sistema di trasmissione privilegiato, anche perché in epoche remote era il mezzo di comunicazione più applicato e diffuso.
Si addice al mondo del vino perché la gestualità, le tecniche e i comportamenti sono perfetti per questa trasmissione.
Questo non è un mondo costruito solo sull’intuizione e l’applicabilità da parte dei professionisti, senza dubbio fondamentali a chi si avvicina al vino per la prima volta, ma è necessario un completamento.
Può accadere che questo metodo possa essere considerato non del tutto completo perché, essendo il vino soggettivo, è per lo più soggetto a una costante rielaborazione del concetto e del pensiero.
Da qui un’errata interpretazione del pensiero che porta ad abbracciare il principio formulato da Wundt.
Dove la comunicazione manca in questo settore? Dove peccano sostanzialmente i grandi comunicatori del nostro tempo? Impossibile decifrare l’errore, se di errore si parla, ma in questo momento tutto è troppo frastagliato e arbitrario.
Troppi stili di pensiero e troppe Parrocchie.
Non esistono correnti ben precise e delineate.
Spesso ci affidiamo più che ai contenuti, alle persone, soprattutto a quelle che sono più vicine al nostro pensiero e che più ci stimolano dandoci sicurezza quando abbiamo un bicchiere di vino in mano.
Servirebbe un nuovo linguaggio comune, un linguaggio che avesse per tutti lo stesso fondamento, la stessa pietra miliare.
La parola d’ordine oggi è Pop, ovvero “popolare”, un termine coniato per indicare processi musicali in passato che accoglievano nuove melodie, musiche per le giovani correnti d’ascolto. Oggi si utilizza il termine Pop in qualsiasi settore e sta a indicare una cultura di massa, ossia una cultura popolare.
Il vino non è Pop, il vino “è” del popolo perché nasce come un alimento e sostentamento per le fatiche dei campi, ma questo è solo un personale punto di vista.
“Allentiamo la presa tecnica quando parliamo di vino e diamo a tutti la possibilità di capire cosa stiamo raccontando”: questo è il messaggio che mi sta rimbalzando un po’ da tutti i comunicatori del vino. Credo possa essere più utile manipolare aspetti tecnici del vino rendendoli maggiormente adatti alla comprensione di questo prodotto, traducendoli in un nuovo linguaggio che possa far comprendere la parte tecnica con estrema facilità. La parte tecnica è fondamentale per comprendere il vino: non va trascurata.
Siamo passati dai profumi del vino alle acidità, alle volatili, alle riduzioni, alla solforosa e chi più ne ha più ne metta.
Ci lamentiamo del linguaggio arcaico della vecchia sommellerie? Lo storytelling aziendale non è più sufficiente? Non rimane altro che la semplificazione della parte tecnica che corrisponde alla verità più assoluta di un vino.
Non bisogna spaventare l’interlocutore, ma è necessario omologare i contenuti in un linguaggio condiviso non più tramandato oralmente, bensì scritto di comune accordo, attirando l’attenzione e la curiosità verso un nuovo verbo.
Diffusione e semplicità sono i due pilastri della comunicazione del vino.
Facciamo sì che il principio dell’eterogenesi dei fini possa, nel suo concetto principale, non essere applicato al vino.
Conseguenze non intenzionali di azioni intenzionali.