Champagne e Metodo Classico Italiano? Non c’è storia. Inutile iniziare la partita. Lo Champagne sarà sempre sul gradino più alto del podio ma per due fattori assoluti difficili da contrastare: storia e geologia.
E’ partito con un secolo di vantaggio (come per altro tutti i vini prodotti in Francia) ed ha avuto la fortuna che il substrato marino sia stato molto pigro quando è stato il momento, per l’acqua, di ritirarsi. Calma, non arrabbiatevi o voi lettori, nessuno ha intenzione di criticare la nostra amata Italia vinicola, ma dobbiamo essere onesti con noi stessi: spesso e volentieri giochiamo un’altra partita, non c’è nulla di cui vergognarsi.
Riassumiamo: piccolo è bello, nello Champagne, è un concetto che non regge. Sono migliaia le aziende produttrici in Francia, sicuramente troppe, ma la ponderata degli affari e la qualità assoluta rimane in carico a poche aziende che si contano sulle dita di qualche mano. Ecco, invece piccolo è bello, in Italia, è un concetto che può sostenersi perché, tranne qualche raro caso, le aziende produttrici di stimati Metodi Classici sono più che altro artigiani della bollicina.
Faccio un giro nella nostra “Sparkling Italy” e cerchiamo di capire qualcosa di più:
Il Trentino è uno dei territori italiani che ha più similitudini con la Champagne, in termini di geologia, stile e di evoluzione dei vino. Presenta aziende molto importanti sia a livello di volume di affari che a livello qualitativo.
Sicuramente questa zona ha rappresentato e rappresenta ancora oggi la massima espressione qualitativa della nostra nazione quando parliamo di bollicine. Troviamo bollicine interessanti anche in altre aree geografiche come l’Opltrepò Pavese che non è mai esploso a causa di una cattiva gestione da parte del dell’Ente Vini dell’Oltrepò Pavese, di una comunicazione non efficace ed un marketing probabilmente sbagliato.
Sicuramente questa area geografica poteva essere (e forse potrà in un futuro) la più completa in termini qualitativi e di estensione oltre che culla del Pinot Nero fondamentale per la produzione di Metodi Classici.
Un’altra zona importante è quella della Franciacorta che però ha una storia così breve che non possiamo dedurre se effettivamente potrà trasformarsi in qualcosa di importante e meno. Una cosa è certa: è cresciuto il numero di aziende, di conseguenza c’è stato un livellamento dei prezzi destabilizzante: il prezzo spesso non corrisponde alla qualità, sminuendo talvolta alcuni metodi classici importanti e sopravvalutando, in altri casi, vini di fascia medio bassa.
Questo livellamento ha innescato una triste guerra dei prezzi con il Valdobbiadene per esempio, espressione di un territorio con una sua identità ben diversa.
Ma esiste anche una piccola nicchia, oggi particolarmente di moda, dove da sempre le bollicine hanno rappresentato, seppur in minima quota, un punto di riferimento assoluto per gli amanti del genere: il Piemonte e la Langa in particolare.
E’ il Piemonte, con un terroir decisamente vocato alla spumantizzazione, una vera culla delle bollicine Italiane. Vini raffinati e mai banali. Se fossero un ballo, sarebbero una valzer viennese per il perlage vivace ed i profumi eleganti. L’origine di questi vini non è lontanissima. A partire dal ‘700 gli aristocratici piemontesi subivano il fascino delle bollicine francesi. La curiosità di apprendere le nuove tecniche, spinse Carlo Gancia a fare quello che oggi chiamiamo “training on the job” in Champagne. Nel 1850 tornò dalla sua esperienza francese, con l’idea di applicare il metodo classico alle uve piemontesi. Seguì due strade. Portò sulle colline piemontesi i vitigni Pinot e Chardonnay testandone successivamente l’adattamento ed applicò il metodo champenoise a vitigni locali nel Moscato e nell’Asti.
L’intuizione fu vincente e favorì la diffusione dei Pinot e Chardonnay tra i viticoltori del Cannellese. Tra questi, il cavalier Boschiero di Asti, che intorno al 1870 impiantò nel suo podere diversi ettari di Pinot nero, bianco e grigio. Le uve di questi impianti si adattarono così bene al territorio che la ditta Fratelli Gancia decise di acquisirle in blocco. Di li a poco, sull’onda del successo dei Fratelli Gancia, nacquero altre aziende produttrici sia di spumanti dolci che secchi, conosciuti all’epoca come “Champagne italiani”. I volumi aumentano così come la certezza che le colline piemontesi sono ottime terre da spumante. Oggi esistono aziende piemontesi molto importanti soprattutto per i numeri commerciali espressi, realtà come Cinzano, Contratto, Fontanafredda, Gancia, ecc… oramai sono più che conosciute.
I GIOIELLIERI DELLE BOLLICINE
Ma il Piemonte è anche culla di piccoli produttori di altissima qualità e non solo di quantità, piccoli “gioiellieri delle bollicine” che soprattutto negli ultimi anni hanno ridisegnato uno stile molto più consono al palato ed al punto di bevuta odierno e che seriamente, in alcuni casi, riconducono ad uno stile d’Oltralpe ben in linea con le richieste di mercato sia si tratti di Alta Langa (progetto trainato dal Consorzio tutela Alta Langa Metodo Classico) o altre zone sempre atte alla grande produzione di Metodi Classici.
Esistono infatti aziende come Enrico Serafino, Marcalberto, Bava, Banfi, Ettore Germano, Paolo Avezza, Gancia, La Scolca, Negro Angelo, Cascina Chicco, Coppo, Fontanafredda, Rocche dei Manzoni e tanti altri che stanno trainando qualitativamente questa area geografica.
Come dicevamo prima, nonostante il Piemonte produca degli spumanti che possono essere considerati gioielli preziosi e non bigiotteria, lo Champagne vincerà sempre il confronto sia per il terroir inimitabile che per know-how.
Ma attenzione: non è corretto pensare che non vi sia gara. Così come accade per l’olio e la carne, l’utente andrebbe educato alla spesa intelligente e alla consapevolezza del prodotto acquistato. Basti pensare che in Francia, è possibile reperire ottimi champagne direttamente dai produttori nelle loro cantine spendendo più o meno di 15/20 euro. In Italia, soprattutto nell’importazione esistono ricarichi pazzeschi che fanno aumentare il prezzo finale. L’utente attento al prezzo, spesso è indotto ad acquistare la linea base delle grandi maisons o aziende italiane, nella Gdo, pensando magari di aver fatto un affare. Attenzione: poco pagare, poco valere!
Generalmente questi “famosi” spumanti in offerta, rappresentano l’ultima ruota del carro delle grandi firme! E’ inevitabile: se vuoi bere bene, francese e griffato oppure italiano di lusso, devi spendere tanto! Un’ottima alternativa, che soddisfa palato e portafoglio, è proprio il metodo classico piemontese. Ovviamente non tutto, ma quasi.