Va tutelata una professione fondamentale per la società . Un convegno nazionale ne spiega le ragioni e le possibili soluzioni.
Un albo professionale? Un sindacato di categoria? O addirittura un “Ente di Tutela”, come si fa con i prodotti a denominazione di origine controllata? Sembra un paradosso, ma la professione del cuoco, fondamentale per l’industria del turismo e dell’ospitalità, determinante per il benessere di milioni di persone, non gode di misure atte a valorizzarla e salvaguardarla.
Uno chef, anche se laureato, o con un diploma di Scuola Alberghiera, anche se dotato di un bagaglio professionale eccellente, per lo Stato italiano è un semplice operaio e la sua qualifica professionale non cambia in tutti gli anni di lavoro. Marchesi con i suoi 50 anni di celebrata professione, il mediatico Vissani, il laureato Fulvio Pierangelini, l’artista Moreno Cedroni, Iaccarino che ha aperto le porte dell’alta cucina ad una pletora di nuovi chef entusiasti e brillanti, professionalmente non sono che “operai”. Inutile dire che i loro colleghi francesi sono qualificati come professionisti quando possono dimostrare il loro percorso formativo, e come tali li riconosce la società.
Un’ingiustizia, un’incongruenza che, per la prima volta, è stata dibattuta in un Convegno nazionale sul tema “Il futuro del turismo e della ristorazione nella figura dello chef: una professione da tutelare”, organizzato dall’Accademia Nazionale Italcuochi e che ha messo in evidenza la grande volontà di riscossa del settore. Il Grand Hotel Vittoria di Sorrento, di proprietà della famiglia Fiorentino, ha ospitato l’evento voluto da Elsa Mazzolini, presidente nazionale dell’Italcuochi e direttore della rivista mensile di enogastronomia “La Madia travelfood”. La presenza di autorevoli e qualificati relatori ha catalizzato l’interesse della platea. Numerosi sono stati gli interventi di persone interessate a chiarire alcune problematiche affrontate. Moderati dalla Mazzolini sono intervenuti: Livia Iaccarino del ristorante “Don Alfonso 1890” di Sant’Agata sui Due Golfi, sul tema “Ristoratori e chef: come favorire lo scambio professionale per la crescita del settore”, Arcangelo Roncacci – segretario nazionale Federazione Alimentazione della Confartigianato sul tema “La professione dello chef e la sua valenza artigianale”, Sergio Ferrarini – chef e consulente enogastronomico, Giuseppe Aversa – presidente dei ristoratori della penisola sorrentina, vice presidente nazionale Italcuochi e titolare del ristorante “Il Buco” a Sorrento e Luciano Schifone – consulente del Consiglio Nazionale Ricerche Agricoltura, in rappresentanza del ministro Gianni Alemanno. La Iaccarino ha esordito spiegando il significato alla parola “cuoco” secondo il vocabolario italiano che lo definisce “addetto alla cucina nei ristoranti e negli alberghi”. Ma il cuoco nell’attuale società è tutt’altro che un operaio: grazie all’evoluzione della ristorazione è divenuto un professionista dell’alimentazione. L’attenzione che occorre poi dare ai ragazzi che intendono intraprendere la strada della formazione scolastica e dell’apprendistato è stato un altro importante punto sul quale l’esperta moglie di “Don Alfonso” ha richiamato l’attenzione dei presenti, riscuotendo grandi applausi. Per la tutela della professione del cuoco e della cucina, che è una delle massime espressioni della cultura perché – come affermato dalla Mazzolini – dentro c’è medicina, letteratura, chimica, fisica, farmacia e tanto altro, è necessario formare subito una commissione di studio con un programma da presentare ai politici perché finalmente si occupino di un settore finora ingiustamente sottovalutato. La mancata considerazione del cuoco – sostiene lo chef Ferrarini – impone una svolta, atta soprattutto a dare ai giovani una nuova e più stimolante immagine della figura dello chef. L’impegno delle istituzioni per un sostanziale riconoscimento della categoria – come avviene in Francia – dovrà pertanto prevedere inquadramenti e retribuzioni differenziate in relazione agli anni di lavoro, al titolo di studio, ai master effettuati, agli stages svolti in Italia e all’estero. Per Roncacci, la richiesta della categoria circa la creazione di strumenti legislativi utili a qualificare la professione potrebbe trovare soluzioni anche rapide e valide. Nel caso del ristoratore, che è un artigiano in quanto riesce a creare un “tesoro del palato” lavorando sulla materia prima agricola (o un semilavorato) trasformandolo in alimento e spesso dando anche un valore artistico a questa trasformazione, dovrebbe rientrare nella legge 443. La 443, legge quadro sull’artigianato, prevede infatti che si possa qualificare artigiano quel tipo di operatore o imprenditore che produce un bene o offre un servizio. Pertanto creare un strumento legislativo che preveda la definizione dell’attività economica ed il profilo professionale (e di conseguenza le capacità e conoscenze che deve avere l’operatore perché possa definirsi ristoratore o chef) sono i passi da compiere per costituire un registro degli operatori della ristorazione attraverso il quale cuochi o ristoratori/chef iscritti potrebbero ottenere uno strumento di tutela. Aversa, da imprenditore, ha sostenuto che lo chef è un uomo di marketing, dato che gestisce il patrimonio di un’azienda. “Oggi creare un ristorante – ha continuato Aversa – significa investire miliardi perciò ora lo chef, oltre alle capacità tecniche e professionali deve sviluppare una strategia imprenditoriale e un dialogo effettivo con l’imprenditore, per studiare insieme un migliore e più qualificato servizio che attiri il turista”. L’On. Schifone, dando buone speranze alla soluzione dei problemi posti dal convegno, si è detto disponibile a impegnarsi in un gruppo di lavoro atto a delineare il percorso formativo ideale per arrivare ad una qualificazione professionale riconosciuta. La Mazzolini ha infine affermato che occorre, con il gruppo di lavoro, far partire dalla base le richieste della categoria e decidere quello che realmente occorre a questo settore, per evitare che siano altri ad imporre regole e gabelle, come potrebbe accadere in caso di leggi fatte dai politici per controllare la categoria. Ad una qualificata manifestazione dell’enogastronomia non poteva mancare una selezione di prodotti di nicchia, dalla pasta, ai salumi, dal salmone ai formaggi, dolciumi, vini Docg, spumanti e champagne ed i famosi aceti balsamici di Reggio Emilio della “Dodi”, emblema della qualità nel settore, che i convenuti hanno potuto gustare nel gran salone Vittoria dell’hotel ospitante la kermesse.