È il primo ristorante al mondo a diventare un museo. ElBulli, tempio della ristorazione, ha pensato di salvaguardare la sua eredità storica ma innovativa in quasi 4 mila metri quadrati (2.500 all’esterno e 1.300 all’interno) a Cala Montjoi, nel Parco Naturale di Cap de Creus, a nord di Girona, quasi al confine con la Francia. Un’eredità, quella di elBulli1846 – nome che indica il numero di piatti che sono stati preparati nel mitico ristorante elBulli – che vuole indurre i visitatori a riflettere su gastronomia e innovazione e rendere omaggio a tutti quelli che hanno contribuito alla storia del locale come impresa e ai progetti dell’omonima Fondazione.
“elBulli1846 vuole salvaguardare l’eredità di elBulli perché tutti, chi vi è passato e chi non lo ha conosciuto, hanno contribuito a fare del locale quello che è diventato”. Sono le parole di Ferran Adrià, lo chef che ha portato alla fama internazionale il ristorante, quel Ferran Adrià entrato nelle sue cucine nel 1984 fino al 2011.
Sono 69 le installazioni artistiche, concettuali e audiovisive a disposizione dei visitatori, che possono così capire come elBulli sia riuscito, negli anni della sua esistenza, a cambiare il paradigma della gastronomia mondiale. “Vogliamo che tutti i visitatori del museo – ha detto Lluis García, direttore generale della Fondazione – comprendano come sia riuscito a generare un impatto così grande a livello mondiale, e provocare una riflessione sulla relazione tra la conoscenza e l’innovazione”.
Il grande spazio esteriore del museo è fatto apposta per condividere le riflessioni su cucina e innovazione e rendere omaggio a chi ha reso possibile la storia del ristorante; viene anche presentata la metodologia sviluppata sui progetti della fondazione come la ‘Bullipedia’, l’enciclopedia della ristorazione in Occidente sulle tracce di Wikipedia. Alla fine del percorso c’è elBulliDNA, una delle installazioni visivamente più dirompenti che ha la forma di una grotta e si integra nel paesaggio di Cap de Creus; nel suo laboratorio fino al 16 settembre si potranno scoprire l’anima, il DNA di tutti i progetti intrapresi dal 2011 a oggi. Da lì l’ingresso all’edificio storico del ristorante, conservato integralmente, che ha ospitato elBulli per 50 anni.
Quello che non si fa, in questi spazi, è mangiare. “Altrimenti sarebbe un ristorante – spiega Ferran Adrià – il nostro scopo è far mangiare conoscenza, una metafora per spiegare cosa si incontra a elBulli1846”. E’ bene spiegarlo perché la sala ha tutti gli elementi originali: tovaglie, stoviglie e cristalleria; lo stesso vale per la cucina, dove Ferran Adrià, Juli Soler e la brigata creativa concepirono le 1846 elaborazioni finali di quel che si gustava in sala. Una visita che permetterà di comprendere meglio il sistema di pianificazione, organizzazione e funzionamento di un ristorante di quel tipo, dove sono stati creati piatti iconici. Nella parte dell’edificio dedicata alle relazioni interdisciplinari si trovano gli schemi, i libretti e le mappe utilizzati da Ferran Adrià, per esempio, nel suo viaggio in Giappone.
Il museo è aperto dal 15 giugno al 16 settembre, dalle 9 alle 20; la domenica è chiuso.