Nato a Chioggia nel 1956, il secondo di cinque figli maschi dello chef/albergatore Bruno, Rossano Boscolo è chef, pasticciere, albergatore, insegnante, collezionista di utensili culinari e di libri di cucina e, ultimamente, fondatore/proprietario di “Garum”, La Biblioteca/Museo del Cibo, inaugurata di recente in Via dei Cerchi 87, vicino al Circo Massimo, a Roma, dove Lucy Gordan, la nostra inviata speciale, lo ha intervistato.
Le sue prime memorie sul cibo?
Il baccalà preparato da mio padre con cipolla, latte e olio d’oliva.
Suo padre l’ha incoraggiato a iscriversi alla scuola alberghiera di Abano Terme, dove da subito ha dimostrato la sua vocazione per la cucina. Terminati gli studi, è tornato a casa per lavorare nel ristorante di famiglia?
Sì, ma anche prima di ottenere il diploma, durante l’estate e le vacanze mi occupavo di aiutare facendo pizze. Poi mio padre ha comprato il primo dei suoi tanti alberghi (gradualmente sparsi per l’Europa e che noi figli abbiamo venduto nel 2016) affidandomi la cucina.
Però, dopo poco, mi sono accorto che avevo bisogno di viaggiare per venire a contatto con idee più innovative. Perciò, con il pieno appoggio di papà – un uomo eccezionale di larghe vedute, nel 1982 sono andato a Parigi dove, primo italiano a farlo, ho frequentato l’École Lenôtre di Gaston Lenôtre, pasticciere considerato uno dei più grandi avanguardisti dell’arte dolciaria de gli ultimi decenni del secolo scorso.
Pur rimanendo sempre un cuoco, lì, grazie a Lenôtre, è scoccato il mio amore per la pasticceria ed è decollata la mia carriera. Poi tornato a casa preparavo dolci che nessuno in Italia sapeva fare.
Tre anni dopo su consiglio di un altro top pasticciere francese, Charles Ceva di Nizza, ho aperto a Cavàrzere, 35 kilometri a sud-ovest di Venezia, il primo laboratorio di perfezionamento culinario in Italia. In seguito ho inaugurato altre due strutture: nel 1985 il Centro Perfezionamento Cucina e Pasticceria Étoile presso l’Hotel Airone di mio padre, a Chioggia, che durante gli anni ha formato oltre 20,000 professionisti e, nel 2010, ho trasferito il Campus, ora divenuto internazionale e chiamato Étoile Academy, a Tuscania, in provincia di Viterbo.
Capisco il suo amore per la cucina e la gioia di trasmetterlo ad altri, ma perché e quando ha cominciato a collezionare utensili e libri di cucina?
Gli utensili perché amo la storia e molti di questi utensili o le loro versioni più aggiornate mi servono per lavorare. Per quanto riguarda i libri, quando studiavo io e poi iniziavo ad insegnare, non esistevano programmi culinari in televisione o su web: c’erano i libri.
Ho iniziato a comprare libri antichi perché li consultavo: non avevo nessun’idea di diventare collezionista o, nel futuro, di creare un museo. In realtà, essendo sempre stato amante della storia, mi sono appassionato a questi libri perché ci trovavo un sacco di curiosità e informazioni poche conosciute. Quindi ho cominciato ad acquistare sempre di più, sempre di più libri.
Poi, un giorno circa 25 anni fa, ho incontrato Matteo Ghirighini, l’attuale direttore del museo, che vendeva libri; mi ha aperto al mondo del collezionismo, alla necessità di avere prime edizioni, di possedere libri importanti della storia della cucina.
Così, piano piano, sono diventato collezionista.
Come ha conosciuto Matteo?
Avevo comprato da lui una parte dell’importante collezione di Claudio Benporat, storico della cucina ammirato in tutto il mondo: manoscritti rarissimi, libri ed anche gli appunti dello studioso, dopodiché Matteo è diventato il mio ricercatore, consigliere, fornitore, ed amico.
Com’è nato questo museo?
Tutti i collezionisti, chi lo è di quadri, di sculture, di farfalle, o di francobolli, che cosa fa come primo piacere personale? Cerca di far sì che altri vedano la sua collezione. Non si può fare una collezione e tenerla nascosta e chiusa in casa. Quindi ho cominciato a cercare uno spazio appropriato; prima era a Tuscania, dove avevo già L’Academy.
Tuttavia, la quantità delle cose raccolte, e poi la loro qualità, ha fatto sì che si rendesse necessario esporli in un posto di prestigio, in una grande città dove la collezione poteva essere vista dal mondo, non solo da pochi. Se dieci anni fa avevo 1000 libri di cui 300 prime edizioni, oggi ho 3500 libri di cui 2000 prime edizioni. Non esiste al mondo, e dico al mondo, perché ho fatto delle ricerche, una mostra così importante di testi antichi di cucina.
Il museo onora 500 anni di storia della cucina italiana, dal medioevo al presente.
Com’è riuscito ad avere questo luogo così prestigioso?
Un colpo di fortuna. Due architetti, Massimo e Maurizio Papiri, avevano in questo edificio romano il loro studio. Ormai anziani, lo hanno ceduto al museo affinché fosse destinato all’organizzazione di visite guidate private con degustazioni dei piatti descritti nei nostri libri, a eventi, promozioni, feste, o come luogo di studio.
La storia del luogo?
“Garum” si trova alle pendici del Palatino, la collina, dove gli imperatori romani costruivano le loro residenze lussuose. È a pochi metri del mitico “lupercale”, la grotta sacra, dove le acque del Tevere trasportarono i futuri fondatori della città, Romolo e Remo, e dove vennero allattati dalla lupa.
Nel 4° secolo d.C. fu eretta qui la Basilica di Santa Anastasia, la prima chiesa eretta nel cuore dell’antica Urbe. Poi dopo diversi secoli fu eretto il Monastero dei padri Olivetani dell’ordine Benedettino, cui il palazzo appartiene ancora oggi. Noi siamo affittuari.
Perché il museo si chiama “Garum”?
Il garum era una salsa liquida d’interiora di pesce e di pesce salato che gli antichi romani aggiungevano come condimento a molti dei loro primi e secondi piatti.
Il museo è diviso in due settori; gli utensili sono esposti al pianterreno e i libri e una biblioteca sono al primo piano; quanti utensili possiede e come sono esposti?
Possiedo circa 4.000 utensili di cucina dal medioevo al presente. Circa mille sono esposti qui, divisi in 11 vetrine: speculoos, che sono forme di legno per fare sottili biscotti con cannella, chiodi di garofano e cardamomo, tipici del Belgio e dei Paesi Bassi, preparati per la festa di San Nicola e per Natale.
Seguono stampi per dolci, stampi per cioccolato, forni di varie epoche compresi quelli domestici degli anni Cinquanta; pentole, padelle, utensili del Novecento per fare il pane, la pasta, il gelato (alcuni del Rinascimento), per vari tipi di formaggi, per la pasticceria, e terrine per il foie gras.
Altre curiosità sono delle ciotole di legno usate nel refettorio di un monastero e il primo gioco “culinario” per bambini prodotto a Ravensburg nel 1898.
Considero gli stampi per i dolci e per il cioccolato le stelle della collezione, anche perché li compravo non per collezionarli ma per usarli.
Le stelle dei libri?
De honesta Voluptate ac Valetudine libri decem scritto da Bartolomeo Sacchi, meglio conosciuto come il “Platina”, e pubblicato a Venezia da Giovanni Tacuino nel 1517: è il primo libro di cucina a stampa. Il “Platina” non era un cuoco ma un illustre letterato, nonché il primo direttore della nascente Biblioteca Vaticana.
Il suo volume riporta le ricette di Maestro Martino, il più importante cuoco europeo del Quindicesimo secolo, che lavorava alla corte del Cardinale di Aquileia fra il 1450 e il 1465 circa. Le sue sono ricette legate ad una concezione tardo-medievale della cucina, sono più semplici e, paradossalmente, più vicine a noi rispetto a quelle della grande cucina delle corti rinascimentali.
Questa epopea fu narrata da Bartolomeo Scappi in Opera pubblicata da Michele Tramezzino nel 1570.
Scappi, che sta alla cucina come Michelangelo alle belle arti, era il cuoco privato del Papa Pio V. Il volume, che più di tutti gli altri desideravo possedere, è la massima espressione della ricca cucina rinascimentale di corte ed è il primo libro di cucina illustrato nonché la prima volta che il pubblico aveva accesso a ricette mai assaggiate prima fuori dal Palazzo Papale.
L’Opera ci racconta che il piatto preferito di Pio V era la rana, ma non una rana qualsiasi; doveva venire da Bologna perché le rane bolognesi erano particolarmente ciccione e deliziose. La ricetta preferita dal Papa era il fegato della rana fritto dorato.
Inoltre Scappi, un innovatore nelle tecniche, era tra i primi ad inserire nei propri piatti ingredienti del Nuovo Mondo come il tacchino. L’Opera contiene oltre 200 ricette di paste, paste ripiene e paste frolle, spesso condite o ripiene di quello che lui chiama “cascio parmigiano”, che definì “il miglior formaggio al mondo”.
Come chef sono riuscito a ricreare delle sue ricette e ho trovato ingredienti non menzionati altrove. Nel suo volume sono riprodotte quelle 32 tavole meravigliose con le attrezzature dell’epoca che a me sarebbero poi servite per comprarle.
Altre stelle sono Lo Scalco alla Moderna di Antonio Latini pubblicato a Napoli da Antonio Parrino (1692) che contiene la prima ricetta di un sugo al pomodoro; De Romaniis piscibus Libellus di Paolo Giovio pubblicato a Basilea da Hyeronimus Froben (1531), il primo libro interamente dedicato ai pesci; e una rarissima prima edizione di La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene del “primo food blogger”, Pellegrino Artusi, (1891), il testo sulla cucina italiana più venduto in assoluto.
Altri volumi clou?
La nuova cucina economica di Rosa Aiello pubblicato a New York dall’ Italian Book Company (1940), che mirava ad insegnare la cucina italiana tradizionale agli immigranti italiani; quindi i libri scritti da Auguste Escoffier, Marie Antoine Carême, Urbain Dubois, Antoine Augustin Parmentier, e Jean Anthelme BrillatSavarin, nonchè diversi manuali per preparare dolci del grande pasticciere Giuseppe Ciocca. Alla mia scuola alberghiera studiavamo le ricette della cucina classica francese del Novecento fino ad 1950, cioè Carême, Dubois, Gouffé, Lacam, e Henri-Paul
Pellaprat. I libri della cucina italiana dell’epoca, come
quello di Ada Boni, erano più domestici e non professionali.
Come sono esposti i libri?
Per primo viene esposto il Rinascimento italiano, perché sappiamo che durante il Rinascimento gli italiani hanno scritto 153 libri di cucina, mentre i francesi soltanto 3, di cui uno era una traduzione del “Platina”.
Poi, quando Caterina de’ Medici è diventata regina di Francia, malgrado il fatto che abbia portato con sé i cuochi fiorentini, dal 1600 fino al 1900 ha preso piede una forma di strapotere francese. I libri italiani di quel periodo fanno riferimento alla cucina francese e non più alle nostre ricette. Quindi noi abbiamo insegnato ai francesi e poi i francesi hanno insegnato al mondo.
C’è stato un periodo interessante quando, dopo l’invasione dell’Etiopia, gli inglesi e i francesi hanno comminato sanzioni all’Italia, cosicché, nel 1936, Mussolini per controbattere a queste sanzioni, diede ad Amadeo Pettini, cuoco del Re Emanuele III, il compito di trovare ricette italiane.
Così è nata la cucina regionale italiana, compilata da Pettini con il titolo Ricettario Carli. Per esempio, siccome gli italiani non avevano abbastanza grano per la pasta e il pane, si è diffuso l’uso sostitutivo del riso.
Compra ancora?
Sì, l’ultimo acquisto è una collezione di 3500 menù storici. Intendiamo esporli tra poco al centro dello stanzone con le vetrine contenenti i libri. Il museo ha ancora lavori in corso. Abbiamo intenzione di aprire un negozio dove venderemo anche libri, compresi quelli rari di cui la biblioteca possiede più copie, poi libri attuali di cucina e guide, utensili ecc. Ovviamente siamo lavorando per aprire un ristorante. “Garum” comprende già adesso di un piccolo albergo di 10/15 stanze di nome “Monastero”. Siccome la struttura appartiene ancora all’ordine benedettino, gli arredi non sono lussuosi: www.monasterocollection.it.
Accetta anche donazioni?
Sì, abbiamo già avuto una bellissima soddisfazione: una signora fiorentina ci ha regalato un diario/manoscritto della nonna che era stata la prima proprietaria di una scuola di cucina per amatori in Italia.
Gli studiosi possono venire a consultare i volumi in biblioteca?
Sì, per appuntamento. Ma abbiamo creato un sito web di ultima generazione: www.museodellacucina.com.
Contiene tante informazioni storiche e bibliografiche sia in italiano che in inglese, nonché libri e opuscoli: sono anche consultabili alcuni dei 25 libri, la maggioranza sui dolci e per un pubblico professionista, che ho scritto dagli anni 80 insieme ai miei studenti. Consiglio a tutti di consultare il sito prima di venire al museo. Ovviamente anche dopo la visita, in quanto sarà sempre aggiornato.
Ci sono altri musei dedicati alla storia della cucina?
Personalmente conosco soltanto Casa Artusi a Forlimpopoli, dedicato alla vita del celebre scrittore.
Il sito www.atlasoscura.com ne elenca 81 nel mondo, ma senza biblioteche. La Biblioteca della The New York Academy of Medicine contiene un’enorme collezione di 10,000 libri, menù ed opuscoli di cucina compresi un manoscritto di Apicio che risale al quarto secolo d.C.. Credo che noi siamo gli unici a combinare insieme un museo e una biblioteca di ricerca.
Se non avesse fatto lo chef, pasticciere, insegnante, e collezionista, quale mestiere avrebbe scelto?
Il pizzaiolo, il mio primo mestiere al ristorante di mio padre. Amo la pizza, soprattutto la marinara.