Nello scorso numero della Madia abbiamo affrontato il tema della (NON) tovaglia, soffermandoci in particolare su questa nuova tendenza che sta sempre più prendendo piede nel mondo della ristorazione, rievocando quello stile nordico che oggi nella testa di molti fa tanto apparecchiatura “moderna”, “figa”, “attuale”, ma che in realtà ha senso solo se dietro la scelta di lasciare un tavolo completamente nudo c’è una logica concreta e non un gioco di stile fine a se stesso, tanto per sembrare un locale à la page.
Nonostante sia diffusa la moda di alleggerire l’apparecchiatura, c’è chi proprio non riesce però a sopportare la mancanza della tovaglia e ancora oggi, al ristorante, esige la tavola “apparecchiata”. Sta di fatto che il popolo gourmet si divide appunto tra chi a tavola preferisce accarezzare la trama di un tessuto e chi, invece, ama essere a contatto con il materiale di cui è fatto il tavolo.
Se tuttavia una vera e propria filosofia di pensiero sottende alle scelte degli Alajmo, di Oldani o del ristorante Retroscena di cui abbiamo dato conto nel precedente articolo, spiegando come costoro abbiano deciso di eliminarla, la tovaglia, anche dietro la scelta di chi invece la tovaglia decide di metterla si cela un pensiero legato soprattutto allo stile: essa deve obbligatoriamente correlarsi al contesto del ristorante, come nel caso delle tovaglie in broccato e velluto dell’Ambasciata a Quistello, perfette in quel contesto così “principesco”.
Ma siamo proprio sicuri che oggi al ristorante la tovaglia abbia la stessa valenza storico sociale-culturale di 20 anni fa?
Nella mia testa la risposta era sì, perché ritengo che dietro la sua funzione decorativa ci sia molto da dire, ma quando mi sono messo all’opera per scrivere questo articolo e ho chiesto il parere di illustri ristoranti stellati che, per l’appunto, usano la tovaglia, con grande stupore, su 4 ristoranti interpellati, 3 non avevano nulla da dire, mentre uno si limitava ad affermare unicamente che la tovaglia doveva essere perfettamente stirata. Insomma, avanguardia pura, nel 2022!
E così, il dubbio che oggi la tovaglia per molti ristoranti sia divenuta solo un’ “abitudine” si è insinuata nella mia testa, ed è un vero un peccato, perché così come nello scorso numero c’erano motivazioni valide da parte di chi aveva deciso di toglierla, per chi invece la usa la dialettica scarseggia: forse ci si è dimenticati il perché di quella scelta, un po’ come dopo tanti anni di convivenza ci si dimentica del perché ci si è innamorati della propria moglie ( paragone non illogico in quanto in alcuni ristoranti la tovaglia dura tanti anni quanti un matrimonio!).
Magari sono stato sfortunato io ad interpellare le persone sbagliate per poter scrivere un articolo che potesse avere la valenza di una replica da parte di chi al ristorante preferisce usarla, ma non è andata così e quindi, a livello numerico o anche mediatico, non tovaglia batte tovaglia.
Sono tuttavia convinto che basterebbe poco per riaccendere i riflettori su quel nostalgico pezzo di stoffa, anche perché, a fronte di tavole minimaliste, la tovaglia in realtà è la prima cosa che si nota quando si arriva nella sala di un ristorante.
Oggi più che mai dovrebbero esistere motivazioni sempre più valide per tale scelta e sarebbe interessante capire quanto queste siano legate alla costruzione dell’immagine, a cominciare proprio magari dal colore del tessuto, che spesso è il solito bianco.
Il bianco, soprattutto nella ristorazione fine dining, è considerato il colore per eccellenza dell’eleganza e di frequente la tovaglia viene abbinata a porcellane candide per far risaltare ancora di più il cibo nel piatto, mentre se la sala del ristorante ha tinte scure, a risaltare è il tavolo tutto, inteso come vera e propria postazione di gioco.
La moda degli architetti che privilegia oggi le pareti color tortora, canna di fucile o grigio perla, in questi anni ha alimentato la scelta a contrasto della tovaglia bianca, ma una nuova frontiera di colori si sta insinuando nei ristoranti fine dining: le nuances virano dal sempre più gettonato color petrolio, al marrone bruciato, al verde bottiglia. Per contro, avanzano i colori pastello come base neutra per piatti sempre più decorati ad integrazione ed esaltazione della cromaticità della stessa tovaglia.
Avere il coraggio di abbandonare il tovagliato bianco, ovviamente, non è ancora per tutti perché implica una sala con una forte personalità, ma sono certo che tra un paio d’anni avremo sale dei ristoranti sempre meno asettiche, sempre più ricercate e personalizzate dove il colore, sui tavoli, la farà da padrone.
GENESI E DECLINO DEL RUNNER
Per un certo periodo nella ristorazione, per essere considerati alla moda o informali, si era passati dalla tovaglia al runner, ovvero quella striscia di tessuto che copre parte del tavolo lasciando liberi i lati.
Pur non amandolo, in alcuni casi ammetto di ricordare tavole anche elegantemente apparecchiate con il runner che, abbinato a un bel tavolo in legno e a un soprammobile ricercato, faceva la sua figura.
Oggi il runner, anche nella ristorazione più smart come per esempio nelle osterie, è in disuso e viene considerato un ibrido tra gli addetti ai lavori, ma non tra una certa fascia di clientela: c’è chi odia i ferma tovaglie, chi i mollettoni, chi le lunghe tovaglie che incastrano le gambe fino ai piedi, fatto sta che il runner conta ancora parecchi fan, tanto che, con buongusto, queste fasce possono ancora oggi rappresentare un ottimo compromesso tra il voler togliere la tovaglia e tenerla.
LA TOVAGLIA DEI GIORNI DI FESTA
Esistono ancora i classici ristoranti da giorno di festa? Vogliamo considerare quei ristoranti blasonati in cui, oltre a mangiare bene, si va per festeggiare qualcosa o per star bene nel tipico classicismo dei classici, passando anche per la tavola?
La risposta è sì, questi ristoranti esistono e vanno considerati, anche se in realtà sono pochissimi, perché ciò che era in voga negli anni ‘70/‘80, con gli anni è stato bollato come sempre più démodé.
Eppure, a fronte di una ristorazione sempre più mo derna che ha inevitabilmente attualizzato anche l’estetica della Sala, questa fascia di ristorazione oggi sta opponendo una fiera resistenza, tanto da tornare in auge soprattutto nella fascia di cucina tradizionale borghese.
E, per quanto siano ancora pochi i suoi rappresentanti, qui le tovaglie possono trovare una bellissima espressione in fatto di trama dei tessuti, di colori e di decori come pizzi e, in alcuni casi, i merletti che ricordano tanto le vecchie tovaglie dei giorni di festa, quelle che si usavano nelle case borghesi e che spesso facevano parte della dote della figlia data in sposa.
Ecco, queste tovaglie indubbiamente oggi rappresentano il vero lusso della tavola perché portano con sé bellezza, tradizione e la storia di un epoca che cerca realmente di non avere fine: sono forse le uniche sulle quali varrebbe la pena di appoggiare anche i gomiti per quanto riescono a farti stare bene e a farti sentire a casa.
LA TOVAGLIA DELLA MEMORIA
Se c’è poi una tovaglia iconica che abbiamo tutti nel cuore, questa è la classica tovaglia a quadretti bianca e rossa in tessuto Vichy talmente affermata nell’immaginario collettivo, che perfino il mondo della moda più volte si è ispirato a questa stampa per realizzare capi e accessori o anche per creare set fotografici in cui un tavolo apparecchiato con la tovaglia a quadretti facesse da sfondo a una storia di vita vissuta.
Certo, in fondo un po’ è così: la tovaglia al ristorante ha una storia di lunghissima tradizione, cultura e buongusto e andrebbe scelta sempre con una motivazione e mai a caso.
Perché sono i dettagli a fare la differenza, a cominciare appunto da una tovaglia.
Oggi per essere moderni nell’apparecchiatura, e’ meglio aggiungere o sottrarre?