Certo che sì, malgrado la distinzione tra totalmente falso e artatamente manipolato sia d’obbligo.
Le bugie sono più potenti della verità e si diffondono molto velocemente (10 volte più veloci delle notizie vere), specie quando suscitano sdegno, disgusto o paura: lo sa bene la politica che scredita gli avversari usando le emozioni della gente.
Il problema, purtroppo difficile da contrastare, non è attribuibile tanto a quattro perditempo mitomani che si divertono a inventare puttanate, quanto a organizzazioni che, pompando bufale, guadagnano tanti più soldi quanto più numerosi sono i contatti. E i creduloni, pronti a ritwittare con rabbia che la Boschi va al funerale di Riina o che il figlio della Boldrini percepisce stipendi milionari dallo Stato, sono tanti. Troppi.
Il settore food non è immune dagli attacchi delle false news, anzi è il terreno più fertile in assoluto, tale da spingere i consumatori a scelte alimentari spesso insensate e pericolose.
A tutti è capitato di leggere che l’ananas brucia i grassi, che le bacche di Goji bloccano l’invecchiamento, che lo zucchero di canna non fa ingrassare, che il latte e la farina sono veleni bianchi, ma il pericolo maggiore arriva da chi strumentalizza con informazioni manovrate la fragilità delle persone per spietati obiettivi di arricchimento.
Uno dei casi più recenti riguarda il santone della macrobiotica Mario Pianesi, tuttora indagato, che ha costruito un impero con un giro d’affari di milioni di euro, inducendo migliaia di persone a “curare” gravi patologie fisiche e psichiche mediante l’imposizione di regole alimentari e comportamentali al limite dello schiavismo.
Insomma, se su certe bufale si può anche sorridere, sulla mistificazione in tema alimentare non si scherza.
Ce lo confermano nelle prossime pagine anche alcuni grandi chef e opinionisti che denunciano forme di alterazione della verità sia nelle troppe trasmissioni culinarie televisive, sia nella comunicazione disinvolta di oggi.