Il Basque Culinary World Prize 2019, premio annuale da €100,000 per gli chef che hanno un impatto “oltre la cucina”, sarà assegnato martedì il 16 luglio a San Francisco, ore 10.00 locali (19:00 ora Italiana). Nella rosa dei finalisti Giovanni Cuocci, della Lanterna di Diogene a Solara di Bomporto, alle porte di Modena. Scelto perche’ lavora per l’integrazione con uno dei collettivi più invisibili e trascurati della società, valorizzandone le capacità. Nella sua fattoria ristorante Cuocci con un gruppo di ragazzi diversamente abili sa trasformare in pietanze l’amore per la terra. “Dal seme alla pianta, dall’ortaggio alla zuppa, il rispetto per i ritmi della vita si concretizza” come recita il sito del ristorante.
L’annuncio avverra’ in apertura del simposio intitolato “Pensiero sostenibile”, copresentato dallo chef Dominique Crenn (tre stelle Michelin). Il tema di quest’anno mette a fuoco come la gastronomia possa sostenere l’agenda della sostenibilità, sia attraverso miglioramenti tecnologici per ridurre emissioni e scarti, che cambiando le abitudini dei consumatori (sanfrancisco2019.bculinary.com).
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In finale:
Selassie Atadika (Ghana), Siew-Chinn Chin (Malaysia- Stati Uniti), Giovanni Cuocci (Italia), Mario Castrellón (Panama), Xanty Elías (Spagna), Virgilio Martínez (Perù), Cristina Martínez (Messico – Stati Uniti), Douglas McMaster (Regno Unito), Anthony Myint (Stati Uniti) e Lars Williams (Stati Uniti – Danimarca).
Sono chef famosi e sconosciuti, che hanno dimostrato come la gastronomia possa essere una forza di trasformazione in settori quali la tecnologia, l’istruzione, l’ambiente, la salute, la produzione alimentare, e lo sviluppo economico e sociale. Riflettono un movimento guidato da chef ispiratori che hanno lavorato per decenni allo scopo di portare più lontano la gastronomia, come Dan Barber, Massimo Bottura, Claus Mayer, Jamie Oliver, Alice Waters e José Andrés, tra gli altri visionari.
Questa IV edizione del premio – organizzato e promosso dal Governo Basco nel contesto della Strategia Euskadi-Basque Country, e dal Basque Culinary Center (BCC), istituto per la ricerca gastronomica e l’insegnamento, leader a livello mondiale – ha esaminato 230 candidature da 42 paesi, selezionando 150 chef, con una rosa finale di 10 selezionatia da un Comitato Tecnico formato dai maggiori esperti del mondo accademico e gastronomico in rappresentanza di istituzioni internazionali di prestigio, tra cui l’Università di Harvard, l’Università di Copenhagen, l’Università Aperta della Catalogna e l’Università dei Paesi Baschi.
Presieduta dallo chef Joan Roca (Spagna), la giuria internazionale, che si riunira’ questo fine settimana a San Francisco ospiti della Chef Francese stellata Dominique Crenn nel suo Atelier, e’ composta dai più acclamati chef al mondo e da esperti interdisciplinari provenienti da diversi settori legati alla gastronomia. Fra loro Andoni Luis Aduriz (Paesi Baschi), Eneko Axta (Paesi Baschi), Massimo Bottura (Italia), Manu Buffara (Brasile), Katina e Kyle Connaughton (Stati Uniti), la stessa Dominique (Stati Uniti – Francia), Trine Hahnemann (Danimarca), Yoshihiro Narisawa (Giappone), Enrique Olvera (Messico) e Jock Zonfrillo (Australia), l’attuale vincitore del BCWP 2018.
Il vincitore riceverà 100.000 euro da destinare a una causa che esprima lo spirito del premio: trasformare la società attraverso la gastronomia.
I FINALISTI:
Selassie Atadika
Selassie apre le porte del Ghana con un discorso contemporaneo e impegnato. Dopo essersi formata in Studi Internazionali alla Columbia University e aver lavorato un decennio per l’ONU, è passata alla cucina per affrontare le sfide dell’alimentazione. Laureatasi presso il Culinary Institute of America (CIA), invece di rimanere negli Stati Uniti è tornata in Africa per aprire il suo ristorante Midunu ad Accra (2014), dove
inalbera il suo concetto di una Nuova Cucina Africana. Ne studia ed esplora l’eredità insieme a un’équipe composta da sole donne, con cui spera di far sì che più ragazze si inseriscano come professioniste nell’alta cucina dell’Africa e non vengano viste soltanto come cuoche domestiche portatrici di tradizione.
Giovanni Cuocci
Alle porte di Modena, in un angolo remoto dell’Italia profonda, Cuocci vive la cucina come un modo per prendersi cura del territorio e delle persone che lo circondano, attraverso una cooperativa gastronomico-
sociale ispiratrice e innovativa dove il cibo si trasforma non tanto in ricette quanto piuttosto in opportunità per i suoi soci: persone con disabilità intellettiva con cui semina, alleva e lavora artigianalmente il meglio delle tradizioni commestibili dell’Emilia Romagna. Nella fattoria- ristorante Lanterna di Diogene normalizza l’interazione con uno dei collettivi più invisibili e trascurati della nostra società, valorizzandone le
capacità.
Virgilio Martinez
Da Central, a Lima, ha aperto nuove e insospettabili frontiere per la cucina peruviana da una prospettiva orientata all’innovazione e alla scoperta, costruita a partire dal lavoro di Mater Iniciativa, piattaforma interdisciplinare mediante cui si addentra in una delle maggiori biodiversità del mondo con il presupposto che “fuori c’è di più”. Con Mil, la sua più recente scommessa presso Cuzco, rompe gli schemi di fronte alle rovine inca di Moray con un modello di interazione non invasiva in cui l’eredità delle comunità ancestrali e le conoscenze generate dalla ricerca si fondono in un’impresa creativa basata su premesse come la biodiversità, la sostenibilità, lo scambio di conoscenze e la connessione con la terra.
Cristina Martinez
Negli Stati Uniti, il timore della deportazione riduce al silenzio oltre un milione di lavoratori privi di documenti. Eppure a Philadelphia, questa cuoca messicana approfitta del successo del suo ristorante South Philly Barbacoa (tra le migliori aperture del 2016, secondo Bon Appètit) per dare voce alla polemica lotta di chi lavora senza documenti ai tempi di Donald Trump. Ha guidato l’iniziativa #Right2Work, con la quale promuove la conversazione pubblica sulle condizioni di questo gruppo nel settore della ristorazione e crea spazi di incontro per lo scambio di informazioni e supporto tra chi ne ha più bisogno. Il sindaco di Philadelphia, Jim Kenney, le ha consegnato il Nationalities Service Award per la sua lotta a favore dei diritti degli immigrati
e il suo contributo per trasformare la città in una meta gastronomica. Il suo lavoro ha ispirato una risoluzione del Consiglio locale, la quale riconosce che il lavoro è un diritto umano indipendentemente dallo status di immigrazione.
Douglas McMaster
Con Silo, il primo ristorante zero waste del Regno Unito, Douglas è stato il pioniere di una visione che oggi si sta diffondendo a livello internazionale, standardizzando pratiche controcorrente e un modello culinario “preindustriale” che ispira giovani chef in tutto il mondo: nulla avanza, tutto si trasforma. Sostituisce il concetto di recycle con quello di upcycle, dimostrando che i rifiuti esistono solo perché non si sa cosa farne e che la cucina può aiutare a cambiare i modelli di consumo a favore della sostenibilità intesa non come slogan, ma come realtà.
Mario Castrellón
Sfrutta internazionalmente la cultura gastronomica di un paese da scoprire come Panama, approfittando della sua leadership da imprenditore per generare opportunità di sviluppo sociale soprattutto nelle comunità caffearie che, pur producendo attualmente uno dei caffè più apprezzati e pregiati del mondo (il geisha), non riescono a tradurre i benefici in minore povertà o maggiore produttività. Lo chef di Maíto promuove dinamiche di commercio equo e solidale, spazi di formazione e opportunità di impiego per i produttori e le donne in situazione di vulnerabilità.
Xanty Elías
Lo chef di Acánthum, l’unico ristorante con stella Michelin a Huelva (Spagna), è impegnato nello sviluppo della sua regione: come presidente della Fondazione Prenauta, punta sul turismo, sull’innovazione e sull’imprenditorialità nel settore della ristorazione. Con l’idea di promuovere l’educazione alimentare, nel 2018 ha lanciato Los Niños se Comen el Futuro (I bambini si mangiano il futuro), iniziativa che prevede l’inserimento della materia di Cultura Gastronomica nelle scuole elementari che, nel suo programma pilota
svoltosi tra il 2018 e il 2019, è stata impartita a 2.200 alunni tra i 6 e i 7 anni in 50 scuole dell’Andalusia.
Anthony Myint
Con convinzione, tenacia e creatività si propone di affrontare, dalla cucina, una delle sfide più importanti della società globale: il cambiamento climatico. A San Francisco, promuove iniziative come ZeroFoodprint per mettere in evidenza l’impatto ambientale della ristorazione e offrire strumenti e soluzioni affinché ogni chef possa ridurre o eliminare, ovunque si trovi, le proprie emissioni di carbonio. Più di 30 influenti ristoranti in tutto il mondo, come Benu o Noma, ne applicano la metodologia, mentre con The Perennial Farming Initiative,
sostiene modelli di agricoltura sostenibile.
Lars Williams
A Copenhagen, l’ex direttore del Nordic Food Lab incarna un modo originale di intendere l’innovazione. Con occhi da chef, trasferisce concetti legati al mondo della cucina nell’ambito dei distillati grazie all’azienda Empirical Spirits, con cui cerca di “racchiudere sapori da tutto il mondo” mediante tecniche di distillazione e di fermentazione all’avanguardia. Insieme all’attivista ed educatrice Chido Govera, fondatrice di Future of Hope in Zimbabwe, inizia a promuovere programmi di innovazione culinaria che favoriscano le comunità escluse, dove ingredienti dalle potenzialità inesplorate (dai frutti selvatici alle termiti) si trasformino in prodotti unici in grado di generare valore economico e identitario e di conquistare i mercati globali.
Siew-Chinn Chin
Legata alla lotta per l’alimentazione biologica e sana negli Stati Uniti, si è impegnata per tutta la sua lunga carriera in programmi a favore dell’indipendenza dal sistema dei cibi industriali e dei fast food come The Charlie Cart Project, in cui la chef malese si unisce al tentativo di portare la formazione culinaria all’intero paese, utilizzando a tal fine una cucina mobile dotata di vari strumenti per fare in modo che decine di ricette servano a stabilire collegamenti tra cucina, salute e ambiente. Ha formato oltre 500 educatori di circa 10 stati, in cui si stima che abbia raggiunto circa 150.000 bambini.
Negli anni precedenti, il premio è stato vinto da Jock Zonfrillo (BCWP 2018) per aver dedicato 18 anni alla scoperta e alla difesa dell’antica cultura alimentare dei popoli indigeni dell’Australia, ampiamente esclusi dall’identità culinaria nazionale; Leonor Espinosa (BCWP 2017) per il suo lavoro con le comunità indigene e afro-colombiane al fine di trasformarne il patrimonio biologico, culturale e immateriale in strumenti di sviluppo socio-economico; e María Fernanda Di Giacobbe (BCWP 2016), che ha costruito un’intera catena di istruzione, imprenditorialità e sviluppo economico intorno al cacao venezuelano.